Non solo una vicinanza, ma una vera collaborazione con gli Stati Uniti, a cui venivano fornite informazioni interne delle Commissione Ue, da usare per contrastare la riforma europea della protezione dei dati. È la pesante accusa mossa dall’Ong Access (impegnata nella difesa della privacy degli utenti in rete) alla commissaria uscente per gli Affari interni candidata al portafoglio del Commercio nell’esecutivo Juncker, Cecilia Malmstrom e al suo staff. A motivare le accuse, una mail che il Dipartimento del Commercio statunitense avrebbe mandato all’organizzazione in seguito ad una richiesta di accesso ad una serie di documenti sulla riforma della protezione dei dati, inviata dall’Ong sia alla Commissione Ue sia ai dipartimenti di Stato, Giustizia e Commercio americani.
Nella mail, un messaggio interno tra membri dello staff del dipartimento del Commercio, si fa riferimento appunto a membri “del Gabinetto di Malmstrom (Dg Home)”, che forniscono indicazioni sui possibili tempi di approvazione della decisione e fanno sapere di non poter effettuare cambiamenti alla proposta in tempi brevi nonostante “abbiano preoccupazioni simili a quelle contenute nel nostro documento”. Secondo Access si fa riferimento ad un documento di lobby prodotto dall’amministrazione Obama per influenzare l’esito della riforma sul pacchetto protezione dati. “La Dg Home – continua la mail – è preoccupata che il capo dello staff di Barroso sia amichevole con lo staff di Reding”, la commissaria per la giustizia che ha portato avanti la riforma. Il messaggio di posta elettronica è datato 12 gennaio 2012: pochi giorni dopo, il 25 gennaio, la Commissione ufficializzò la proposta del pacchetto di riforma (che ora, dopo l’approvazione della plenaria è ancora in attesa del via libera del Consiglio).
Non solo dunque Malmstrom viene accusata di avere lavorato contro un’importante riforma europea, ma anche di averlo fatto per vicinanza con gli Stati Uniti, uno dei principali soggetti da cui l’Ue voleva tutelare i suoi cittadini dopo gli scandali sullo spionaggio Usa. Accuse che sarebbero pesanti per qualsiasi commissario ma tanto più lo sono per chi, come la svedese, è stata designata commissario al commercio internazionale e dovrebbe quindi gestire, proprio con gli Stati Uniti, la fondamentale partita dei negoziati sul Ttip, l’accordo di libero scambio Ue-Usa. Se risultassero credibili, insomma, le rivelazioni getterebbero un’ombra non da poco che potrebbe mettere a rischio la nomina di Malmstrom.
Il tema è stato sollevato anche nel corso dell’audizione della commissaria designata davanti ai membri della commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo. “Ho letto le accuse e le respingo completamente”, si è difesa Malmstrom alla domanda di un deputato. “Ho sempre difeso la riforma europea sulla protezione dei dati, internamente ed esternamente”, ha assicurato, concludendo che le accuse: “Sono basate su malintesi o su bugie”.
La voglia di chiarezza però cresce e il gruppo dei Socialisti e democratici chiede che la commissaria designata chiarisca per iscritto sulle accuse secondo cui avrebbe lavorato per indebolire la posizione dell’Ue sulla protezione dati. “È un’accusa seria che, se provata come vera, solleverebbe domande significative sulla sua adeguatezza per negoziare il Ttip”, ha detto intervenendo in Aula durante l’audizione l’eurodeputato socialista David Martin, portavoce del gruppo sul commercio internazionale. “Il Parlamento – ha chiesto – ha bisogno di altre prove che queste accuse non sono vere”.