Paris Saint-Germain–Barcellona
Martedì, ore 20:45
È l’unico scontro tra due favorite alla vittoria finale di questa seconda giornata. Il PSG di Laurent Blanc ha parzialmente deluso le aspettative (è secondo in Ligue 1 e in CL ha pareggiato la prima partita con l’Ajax), mentre il Barcellona le ha paradossalmente superate, per quanto sia difficile attendersi altro che l’eccellenza da una squadra che, in attesa di Luis Suarez, può schierare contemporaneamente Lionel Messi, Neymar e Andres Iniesta. I dubbi erano legati principalmente alle capacità del nuovo allenatore Luis Enrique, reduce da due esperienze deludenti con la Roma e il Celta Vigo. Ma il tecnico si è dimostrato all’altezza del compito, calandosi nel ruolo senza complessi e dando una rinfrescata al tiki-taka della casa con robusti innesti dalla cantera (Sandro Ramirez, El Haddadi, Rafinha, Douglas).
Moduli: il Barcellona adotta un 4-3-3 con Messi da falso nueve e Pedro e Neymar sui lati. Il PSG adotta invece il 4-2-3-1, con Javier Pastore in posizione di trequartista alle spalle di Ibrahimovic, Lucas a destra e Cavani a sinistra. Nessuna delle due squadre ha sulla carta la superiorità numerica a centrocampo, ma il PSG è appena più spregiudicato, con quattro giocatori d’attacco contro tre.
Entrambe le squadre eccellono nel possesso di palla, ma è probabile che Blanc rinunci a sfidare l’avversario su questo terreno, anche perché la sua squadra ha mostrato di soffrire i ribaltamenti e il Barça è maestro nel pressing d’attacco; proverà piuttosto a sorprenderlo con la velocità di Lucas e Cavani, scavalcando all’occorrenza il centrocampo con palloni lunghi per il totem Zlatan Ibrahimovic. In difesa e a centrocampo, rispettivamente, ci si aspetta molto da Marquinhos e Marco Verratti, due dei migliori cinque giocatori, statistiche alla mano, di questo avvio di stagione del calcio europeo (fonte: Squawka.com).
Il Barça parte favorito per tradizione, valori tecnici oggettivi e stato di forma. Attenzione, però: finora la squadra di Luis Enrique ha subito pochi gol, ma concede molte occasioni agli avversari quando perde il pallone.
Manchester City –Roma
Martedì, ore 20:45
Il calcio italiano è tornato? A giudicare dai risultati della nuova nazionale di Antonio Conte e dalle prime uscite delle squadre di Serie A in Champions ed Europa League (eliminazione del Napoli a parte) sembrerebbe di sì. Manchester City-Roma è un primo banco di prova.
Partiamo dai moduli: il Manchester City si schiera con un 4-4-1-1 in cui il centravanti (Edin Dzeko) gioca in posizione più arretrata rispetto al trequartista (Stevan Jovetic o Sergio Aguero) e ha maggiori compiti di copertura. La Roma gioca con un 4-3-3 che ricorda quello del Barcellona, con Francesco Totti che arretra a volte fino a metà campo per creare spazio alle sue spalle per gli inserimenti degli esterni e degli intermedi di centrocampo.
La squadra di Rudi Garcia, che nella prima giornata ha travolto il Cska Mosca con un convincente 5-1, ha teoricamente le carte in regola per mettere in difficoltà i campioni d’Inghilterra. La velocità di Gervinho e Iturbe, la capacità di creare occasioni in campo aperto e l’abilità di Totti e Miralem Pjianic sui calci piazzati sono potenziali spine nel fianco per un City sbadato e discontinuo che ha subito 8 gol in 7 partite – quasi tutti in contropiede o su gravi errori individuali – e che tende spesso a commettere fallo in prossimità della sua area di rigore (con 13,8 falli a partita, è la seconda squadra più scorretta della Premeri League, per Whoscored.com).
Di contro, la Roma manca dalle coppe europee da tre anni e può scontare l’impatto emotivo in una trasferta contro un avversario oggettivamente più forte ed esperto (tra l’altro il City ha perso la prima con il Bayern e deve vincere). È difficile, inoltre, che in casa una squadra tecnica e abile nel fraseggio come quella di Manuel Pellegrini conceda ai giallorossi il possesso di palla a cui sono abituati in Italia e su cui fondano buona parte della loro solidità difensiva. Sarà in grado la Roma di aspettare nella sua metà campo per larghi tratti della gara senza concedere occasioni? E come se la caverà un’eventuale coppia centrale composta da Manolas e Yanga-Mbiwa – affidabili e attenti, ma impacciati nel palleggio – contro specialisti del pressing come Dzeko, David Silva, Yaya Touré e Aguero?
Atletico Madrid–Juventus
Mercoledì, ore 20:45
Stando ai risultati della Champions League dello scorso anno e al ranking Uefa non dovrebbe esserci partita: l’Atletico di Diego Simeone, dopo aver vinto a sorpresa La Liga, è arrivato a pochi secondi dal prendersi anche la Coppa più prestigiosa; la Juventus, dominatrice assoluta della serie A, è stata eliminata nella fase a gironi e “retrocessa” in Europa League, dove un Benfica non irresistibile l’ha battuta in semifinale. Poche squadre, però, hanno impressionato come i bianconeri in questo avvio di stagione: sei partite, sei vittorie, 12 gol fatti, 0 subiti e soprattutto nessuna traccia di debolezza evidente. La squadra lasciata in eredità da Conte a Massimiliano Allegri non sembra avere difetti “strutturali”: ha equilibrio tattico, qualità, forza, ricambi e soprattutto la capacità di praticare qualsiasi stile di gioco, dal possesso di palla al contropiede, con tutte le sfumature intermedie. La vittoria contro il modesto Malmoe, naturalmente, non basta a fugare i dubbi sul rendimento in Europa ma la Juve ha dato la sensazione di una maggior sfrontatezza e di una ritrovata dimestichezza con il calcio internazionale.
Ovviamente tutto questo non condizionerà l’atteggiamento dell’Atletico, che non ha paura di nessuno, gioca in casa e oltretutto è obbligato a vincere perché ha perso inaspettatamente la partita d’esordio contro l’Olympiacos. La chiave per i colchoneros è l’aggressività: in Italia la Juventus non è abituata ai livelli di pressing e velocità che la squadra di Simeone è solita imporre agli avversari. Il confronto tra i moduli (4-4-2 contro 3-5-2), inoltre, propone diverse potenziali situazioni di mismatch, con l’Atletico in teorica superiorità numerica sulle ali (Ansaldi-Koke vs. Leichtsteiner; Juanfran-Arda Turan vs. Asamoah/Evra) e in attacco (Arda Turan-Griezmann-Mandzukic-Koke vs. Caceres-Bonucci-Chiellini). La Juventus, da parte sua, è teoricamente avvantaggiata nella zona centrale del centrocampo (Pogba-Vidal-Marchisio vs. Gabi-Tiago) e in attacco (Tevez-Llorente vs. Miranda-Godin). Data la posta in gioco e il numero di giocatori di temperamento dall’una e dall’altra parte, sarà quasi certamente una battaglia. Si accettano scommesse sul numero degli ammoniti.
Arsenal–Galatasaray
Mercoledì, ore 20:45
Insieme al Chelsea, sono le due maggiori delusioni della prima giornata e il loro scontro di mercoledì sembra già uno spareggio. L’Arsenal, sconfitto per 2-0 in trasferta contro il Borussia Dortmund senza mai dare l’impressione di essere in partita, non sta particolarmente convincendo neanche in Premier League. Il Galatasaray ha pareggiato in casa per 1-1 contro l’Anderlecht evitando la sconfitta solo nel finale ed è partito stentando nella SuperLig turca.
I difetti evidenziati dall’Arsenal sono quelli tipici delle fasi “recessive” dell’era di Arsene Wenger: possesso di palla insistito ma sterile, alto rapporto tra gol subiti e occasioni concesse, spiccata predisposizione agli errori individuali, difficoltà a difendere il vantaggio, eccessiva rotazione dei giocatori. (Va detto che la critica è spesso troppo severa con il maestro alsaziano: l’Arsenal si qualifica per la CL da 17 anni consecutivi e 15 volte ha superato la fase ai gironi). Il principale problema tattico che Wenger dovrà risolvere per la partita contro il Gala riguarda la posizione di Mesut Ozil, spostato suo malgrado sulla fascia nel 4-1-4-1 per far posto nel mezzo al trio composto dal capitano Mikel Arteta, Aaron Ramsey e Jack Wilshire. Conoscendolo, difficilmente il tecnico cambierà idea. Il secondo, più banale, è quello di non subire gol (già 10 in cinque partite ufficiali).
Quanto al Galatasaray, anche Cesare Prandelli ha i suoi grattacapi. Dopo due pareggi e una sconfitta, nell’ultima partita di SuperLig contro il Sivasspor l’ex tecnico della nazionale italiana ha cambiato modulo, passando dal 4-4-2 a rombo al 3-5-2 e spostando Felipe Melo nella posizione di centrale di difesa (come chiedeva a De Rossi in alcune partite dell’Italia). Il risultato lo ha premiato (2-1) ma i problemi da risolvere sono ancora tanti. Il principale è difensivo: banalmente, il Galatasaray non ha in rosa difensori di qualità sufficiente per difendere in modo efficace contro giocatori di talento. Sfortunatamente l’Arsenal tra Ozil, Alexis Sanchez, Santi Cazorla, Ramsey, Wilshere, e Welbeck, ne ha in abbondanza. Le cose vanno un po’ meglio in attacco, dove i giallorossi possono contare sulla vena ritrovata del centravanti Burak Yilmaz e sull’estro di Goran Pandev e Wesley Sneijder. Anche qui, però, Prandelli ha sperimentato con diverse soluzioni (4-4-2 a rombo, 4-2-3-1, 4-3-2-1) senza riuscire finora a trovare un assetto stabile. Le squadre del tecnico bresciano amano andare al tiro attraverso la circolazione della palla, ma finora i pochi gol sono arrivati quasi tutti in contropiede. All’Emirates Stadium, contro una delle squadre simbolo del “possession football” in Europa, il copione sarà ancora quello.