“È auspicabile che la Bce possa comprare direttamente i titoli di Stato”. Lo sostiene Richard Fisher, presidente della Federal reserve di Dallas e componente dell’organismo direttivo che elabora le politiche monetarie della Fed, la banca centrale degli Stati uniti. Negli Usa “la Federal reserve è obbligata ad acquistare i titoli del tesoro americani”, ricorda Fisher, mentre la Banca centrale europea non può comprare direttamente i titoli emessi dai Paesi dell’Eurozona. Questa, secondo Fisher, è una delle cause che impediscono alla “liquidità prodotta dalla Bce di raggiungere l’economia reale”.
Si tratta di una delle differenze principali tra la Fed e la Banca centrale europea, che rendono le politiche monetarie di Francoforte meno efficaci di quelle americane nel contrastare la crisi. Ma quella dell’acquisto di titoli sul mercato primario, per Fisher, è una questione su cui in Europa è “difficile” intervenire, a causa della seconda grande differenza tra i sistemi monetari di Usa e Ue: “il problema delle garanzie”. Infatti, laddove “negli Stati uniti è solo un soggetto a dare la garanzia” sui titoli di Stato, cioè il governo federale, “nell’area euro ci sono 18 paesi, ognuno con una visione differente”, che spesso “non sono disposti ad accettare reciprocamente” le garanzie sui titoli emessi.
In questa cornice, secondo Fisher, il presidente della Bce Mario Draghi “sta agendo in modo corretto, cercando un percorso che necessariamente deve essere diverso dal nostro”. Anche perché, sottolinea lo statunitense, “com’è noto la Bce ha il mandato della stabilità dei prezzi nel medio termine – il tetto del 2% all’anno per l’inflazione – mentre la Fed ha un mandato duale: mantenere la stabilità dei prezzi, ma anche promuovere la piena occupazione”.
Venendo agli effetti della politica monetaria statunitense sull’Eurozona, Fisher spiega che gli “Usa stanno ancora attraendo capitali. E questo – prosegue – ha due risvolti per l’Eurozona”. Da un lato c’è un effetto positivo, “perché si deprezza l’euro rispetto al dollaro”, rendendo più competitive le esportazioni europee. Ma dall’altro possono esserci “conseguenze devastanti sui mercati finanziari dell’area euro, in cui potrebbero venire a mancare i capitali”.