Bene ha fatto il nuovo Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker a far capire chiaramente che nel breve periodo non entreranno nuovi paesi nella Unione europea. Prima di far aderire nuove nazioni è necessario che queste rispettino una serie di standard minimi – in materia di regole comunitarie (standard alimentari, ecc.) ma anche e soprattutto in materia di democrazia – sulle quali molte nazioni candidate ci paiono deficienti.
Non ci sembra che paesi come l’Ucraina possano venire per ora incontro agli standard europei. C’è molto lavoro da fare ancora. E poi l’Europa dovrebbe occuparsi, prima di allargare ulteriormente i suoi confini, dei suoi pressanti problemi interni. Bene avrebbe fatto il presidente uscente Manuel Barroso a occuparsi della situazione di una città come Napoli, che è europea della prima ora, piuttosto che andare a proporre accordi commerciali lungo le frontiere dell’Est.
Il 16 settembre l’accordo commerciale tra l’Ucraina e l’Unione Europea è stato ratificato lo stesso giorno dal Parlamento europeo e da quello ucraino (la Rada). Ci sembra giusto che sia stato ratificato via videoconferenza, anche se il produttore di cioccolatini e ora nuovo Presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko ha detto davanti a un parlamento che in piedi cantava l’inno nazionale che questa firma rappresenta una svolta storica per il paese. D’altra parte era stata proprio l’avventatezza di Barroso, che già l’anno scorso insisteva perché l’ex presidente Viktor Yanukovych firmasse l’accordo, a far precipitare il conflitto.
Anche noi crediamo che l’accordo sarà ricordato nei libri di storia, soprattutto perché, si spera, porrà fine a una guerra inutile in cui sono morti più di 3,000 uomini. Ma intanto per i prossimi cinque anni almeno non si parlerà più dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea. L’accordo stesso non entrerà in vigore prima del 2015, dando il tempo all’Europa, alla Russia e all’Ucraina di definire un possibile compromesso. Per dare una mano alla derelitta economia ucraina, gli esportatori di questo paese potranno esportare i loro prodotti – inclusa la cioccolata – duty-free in Europa, mentre le nostre imprese continueranno a pagare dazio mentre passano il confine ucraino. Esattamente quello che aveva chiesto la Russia prima che scoppiasse il finimondo. Solo che allora Barroso, da buon “carlino”, aveva provato a fare la faccia feroce con Putin.
Non si tratta di una nuova Monaco 1938, come qualche quotidiano ha cercato di insinuare, ma solo di una cosa di buon senso. Nel frattempo, Poroshenko dovrebbe iniziare subito a riformare le regole che governano la sua economia, cercando innanzitutto di mettere un freno alla corruzione, che, da quello che ci viene raccontato, sembra sia ancora dilagante da quelle parti. Non è cosa facile se si va a guardare quello che hanno combinato negli ultimi vent’anni i governi che si sono alternati alla guida del paese. Capiamo che Poroshenko finora è stato perlopiù occupato da questioni militari, ma questo non avrebbe dovuto impedirgli di cominciare a proporre in parlamento le riforme necessarie.
Nello stesso giorno in cui la Rada ha ratificato il trattato commerciale con l’Europa ha anche passato una legge in cui viene garantito uno statuto speciale alla regione del Donbass, al cui interno si trovano le città di Donetsk e Lugansk. La nuova legge concede un certo grado di autonomia alla regione per i prossimi tre anni, oltre all’amnistia per i ribelli.