Tra pochi mesi o addirittura settimane a Gaza “ci sarà un altro conflitto”, se Israele, Hamas, Fatah e comunità internazionale non lavoreranno “perché il governo di unità nazionale possa prendere il controllo della Striscia”. Ne è convinto Robert Turner, il responsabile a Gaza dell’Unrwa, l’organizzazione dell’Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi. In un’audizione alla commissione Affari esteri del parlamento europeo Turner ha denunciato che dopo il conflitto di questa estate, un conflitto di una “intensità senza precedenti”, in cui hanno perso la vita oltre 2mila palestinesi, ci sono stati 11mila feriti e 300mila sfollati, la situazione a Gaza è più preoccupante che mai.
“La gente della Striscia è molto resistente, in tanti anni di occupazione ha sempre mantenuto speranza e dignità rimanendo nel Paese”, ha raccontato Turner, ma ora le cose sono cambiate e “sono in tanti quelli che vogliono andare via, gli stessi dipendenti dell’Onu, che possono essere considerati dei privilegiati avendo uno stipendio sicuro, parlano di lasciare la Striscia”. Sono cominciate anche “le emigrazioni clandestine e abbiamo notizie di diversi palestinesi morti nei viaggi sui barconi nel Mediterraneo”.
Dopo 8 anni di blocco di Gaza inposto da Israele la situazione si è aggravata ancora di più da quando, dopo il colpo di Stato militare, anche l’Egitto ha deciso di chiudere del tutto il confine con la Striscia, in funzione anti-Hamas. “Le conseguenze della chiusura del confine con l’Egitto sono state gravi. Prima i beni provenienti dal Paese erano più economici ora i prezzi sono schizzati alle stelle. Tutti i tunnel sono stati chiusi e non passa più niente, neanche il materiale che serviva per le ricostruzioni”. Inoltre Hamas utilizzava “una tassazione sul passaggio dei beni per pagare gli stipendi dei funzionari pubblici, che invece ora sono senza stipendio da marzo”.
Da questa situazione per Turner nacque la necessità della riappacificazione tra gli islamici e l’Autorità Nazionale Palestinese, con l’accordo del 23 aprile e la nascita di un governo di Unità nazionale lo scorso 2 giugno. La riappacificazione però, per colpa sia dei palestinesi che di Israele, non ha portato i frutti sperati. “Tutti avrebbero dovuto rispettare il proprio ruolo, Hamas, Fatah, Israele e comunità internazionale ma nessuno è stato disponibile invece a portare stabilità a Gaza”, dice.
Per il responsabile dell’Onu tutti devono fare la propria parte e farlo “adesso”: “Hamas deve farsi da parte e dare spazio al governo di Unità nazionale. L’Autorità palestinese deve dimostrare capacità e volontà di governare davvero nella Striscia. Israele deve permettere ai membri di Fatah di raggiungere la Striscia, cosa che finora non ha fatto, e infine la comunità internazionale deve mettere in campo azioni concrete per favorire questo processo”. Turner si è detto consapevole che la pace nella regione ci sarà solo se finisce il blocco di Gaza e l’occupazione illegale delle terre dei palestinesi da parte di Israele, ma ha insistito che a suo avviso il primo passo deve essere il ritorno ad una normalità istituzionale nella Striscia. “Non ci sarà ricostruzione e stabilità senza una autorità palestinese forte”.
Quanto all’occupazione l’Europa deve fare la sua parte per porle fine e usare azioni e non solo parole per dissuadere Tel Aviv dall’espandere gli insediamenti illegali. “L’occupazione – ha concluso Turner – non costa nulla a Israele. Viene sostenuta da palestinesi e i costi vengono pagati dagli europei. Fino a che non avrà un costo per Israele non finirà”.