A migliaia di chilometri di distanza, ma come una sola Aula: il Parlamento europeo di Strasburgo e la Verkhovna Rada (il parlamento di Kiev), hanno ratificato in simultanea l’accordo di associazione tra Unione europea e Ucraina, quello stesso accordo da cui la crisi ucraina ebbe inizio quando l’allora presidente filorusso, Viktor Yanukovich rifiutò di firmarlo lo scorso novembre. Da Strasburgo il via libera è arrivato a grandissima maggioranza: 535 voti favorevoli, 127 contrari e 35 astensioni e Kiev ha mandato una risposta ancora più chiara: a favore dell’accordo si sono espressi tutti i 355 deputati presenti in aula (su un totale di 450): nessun voto contrario e nessun astenuto.
Di momento “storico” hanno parlato dai due capi del videocollegamento, sia il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz che il presidente ucraino, Petro Poroshenko. In Europa, ha ammesso Schulz, “è tornata la paura della guerra”: “Nessuno – ha detto – si sarebbe potuto immaginare che oggi in Europa potesse esserci uno spostamento delle frontiere con la forza e che dopo la fine della Guerra Fredda si potesse ancora attaccare la struttura di sicurezza dell’Ue. E chi avrebbe ritenuto possibile che la forza potesse avere la meglio sul diritto?”. Per questo, ha sottolineato il presidente dell’Aula di Strasburgo, “quello che è accaduto in Ucraina riguarda tutti noi”.
La ratifica dell’accordo di associazione tra Ue e Ucraina è “un passo cruciale sulla via del nostro ritorno alla casa europea” per il presidente Poroshenko che ha ricordato come “in centinaia siano morti non solo per l’Ucraina ma perché l’Ucraina potesse trovare un posto in Europa. Dopo questo grandissimo sacrificio – ha chiesto – chi può chiudere la prospettiva europea per l’Ucraina?”. In cambio “dell’incredibile sostegno” ricevuto dall’Europa, il presidente ucraino ha promesso riforme: “Invito tutti a non traccheggiare – ha detto rivolto alla Rada – né il conflitto né altro può essere preso come pretesto per non completare le riforme”. La prima, ha spiegato, sarà un pacchetto legislativo per combattere la corruzione, “il segnale migliore che possiamo inviare alla nostra controparte europea”
L’accordo avvicina di un passo l’Ucraina all’Europa, aprendo nuovi canali per il dialogo politico e stabilendo regole per la cooperazione in aree come energia, trasporti ed educazione. Prevede anche la creazione di un’area di libero scambio che sostanzialmente integra il mercato Ue e quello ucraino, smantellando i dazi all’importazione e altre restrizioni. Inizialmente quest’area di libero scambio doveva scattare da questo 1 novembre ma lo scorso venerdì, dopo un trilaterale Ue-Ucraina-Russia, si è deciso di fare slittare l’entrata in vigore al 31 dicembre 2015. Uno spostamento in avanti dovuto alle grandi preoccupazioni della Russia sulle possibili ricadute economiche, al centro delle critiche di diversi eurodeputati.
Dopo il voto di oggi, il presidente Poroshenko ha chiesto “al governo ucraino di far sì che l’accordo entri in vigore immediatamente da domani”, mentre sul versante europeo manca ancora l’approvazione formale del Consiglio. L’accordo entrerà in vigore in via provvisoria ma per avere piena efficacia dal punto di vista legale deve essere ratificato anche da parte degli Stati, e fino ad ora è stato ratificato soltanto in sei Paesi.
Parentesi polemica, a inizio seduta, nei confronti dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton che doveva aprire la discussione riferendo sul tema, ma non si è fatta vedere mandando al suo posto il commissario all’Allargamento, Stefan Fule. “Sempre la stessa solfa – si è formalmente lamentato in Aula il leader dei liberali, Guy Verhofstadt – chiediamo che si presenti l’Alto rappresentante e per l’ennesima volta è assente”. Comportamento che l’esponente Alde non ritiene tollerabile tanto più “su un tema come l’Ucraina e i rapporti tra Ue e Russia”. “Nella prossima legislatura non potremo minimamente tollerare lo stesso atteggiamento dalla nuova Alto rappresentante”, ha avvertito Verhofstadt. Al richiamo si è unita anche la co-presidente dei Verdi, Rebecca Harms, polemica anche con Schulz, assente durante la prima parte di discussione: “Queste assenze – ha denunciato Harms – sono inaccettabili”.