Una “grammatica comune dello sviluppo”, è questo “l’obiettivo ambizioso” indicato dal vice ministro degli Esteri Lapo Pistelli per l’Agenda post 2015, il documento che si sta elaborando in sede Onu per definire gli obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire dal 2015 al 2030. Pistelli ne ha parlato ieri, presso l’Ufficio di informazione del Parlamento europeo a Roma, nel corso di una conferenza promossa da Concord Italia (compagine nazionale del network europeo delle ong) e Gcap Italia (Coalizione globale contro la povertà), un appuntamento di discussione sul ruolo dell’Italia e dell’Ue nel percorso di definizione dell’Agenda che dovrebbe essere approvata a settembre 2015.
Il documento provvisorio, elaborato dal gruppo di lavoro delle Nazioni unite, parla di salvaguardia dell’ambiente, di riduzione delle disuguaglianze e della povertà, di modelli produttivi attenti alle ricadute ambientali e sociali, di diritti umani, di parità di genere. Il contributo che l’Italia e l’Ue daranno è volto a far inserire nell’Agenda il tema dell’immigrazione come risorsa per lo sviluppo. È un “argomento che l’Italia ha introdotto nel consiglio informale Cooperazione (Firenze, 14-15 luglio) – spiega Pistelli – dove abbiamo ottenuto anche l’impegno di arrivare, entro la fine del semestre italiano di presidenza, a definire la posizione unitaria dell’Ue sull’Agenda post 2015”.
Il vice ministro, tuttavia, smorza gli entusiasmi. Intanto perché è difficile mettere tutti d’accordo. E’ complicato “già in Europa – sottolinea – che è una realtà abbastanza omogenea. Figuriamoci quando si devono mettere d’accordo realtà molto più complesse”. Poi c’è un altro aspetto critico. Guai a “caricare di aspettative l’Agenda – ammonisce Pistelli – pensando che in 15 anni possa rimuovere tutte le cause di disuguaglianza o le fonti di inquinamento”. Un’Agenda non basta per trasformare la Terra nel migliore dei mondi possibili, ma può fissare un quadro di riferimento, una “grammatica comune” per la lingua dello sviluppo sostenibile. Si può solo sperare che non siano troppi gli sgrammaticati.