Dalle 18 ucraine (le 17 in Italia), nelle regioni orientali del Paese si dovrebbe aver smesso di sparare. L’accordo per il cessate-il-fuoco tra Kiev e i ribelli filo-russi c’è. A dare l’annuncio, lo stesso presidente ucraino, Petro Poroshenko che ha reso nota l’intesa firmata tra i rappresentanti di Kiev e quelli dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk e della Repubblica del popolo di Lugansk, in occasione del gruppo di contatto sull’Ucraina svoltosi a Minsk, alla presenza di una delegazione russa e di una dell’Osce. “Ho ordinato al capo di stato maggiore delle forze armate dell’Ucraina di cessare il fuoco a partire dalle 18”, ha assicurato Poroshenko in una dichiarazione pubblicata sul sito internet.
Dal Galles, dove partecipava al vertice Nato, il presidente ucraino ha parlato del raggiungimento di una tregua “preliminare” con i ribelli filo-russi. “La vita umana è il valore più prezioso e dobbiamo fare tutto il possibile e anche l’impossibile per mettere fine allo spargimento di sangue e alla sofferenza”, ha affermato. Dal premier ucraino, Arseniy Yatsenyuk è arrivata invece la richiesta all’occidente di farsi garanti dell’effettività della tregua: “Il cessate il fuoco deve essere sostenuto da Usa e Ue”, ha chiesto Yatseniuk: “Non possiamo gestirlo con la Russia da soli, abbiamo bisogno di garanzie”.
Pace dunque, ma soltanto momentanea. I separatisti filo-russi hanno da parte loro hanno infatti già precisato che il cessate il fuoco non vuol dire rinunciare a raggiungere l’indipendenza da Kiev. “Il cessate il fuoco non significa la fine della nostra politica per l’indipendenza dall’Ucraina”, ha avvertito il leader dell’autoproclamata Repubblica del popolo di Lugansk, Igor Plotnitsky. Il protocollo d’intesa firmato è composto da 14 disposizioni, tra le quali tutti gli aspetti relativi ai controlli e allo scambio di prigionieri. Fonti di Kiev sostengono che in base all’intesa le truppe russe si dovranno ritirare dal territorio ucraino.
E mentre a Minsk arriva l’atteso accordo, la questione ucraina è sul tavolo dei leader dell’Alleanza atlantica riuniti a Newport. In risposta all’intervento russo in Ucraina, la Nato ha approvato un piano di rafforzamento delle difese dell’Alleanza nell’Europa orientale. Il piano, annunciato dal segretario generale Anders Fogh Rasmussen, include la creazione dell’annunciata “punta di lancia” dell’Alleanza, una forza di reazione rapida con equipaggiamenti pre-posizionati nei Paesi dell’Est in modo che possano essere rapidamente rinforzati nel caso di una crisi. Una forza a cui la Gran Bretagna ha già fatto sapere di essere pronta a contribuire con 3.500 uomini.
L’obiettivo della nuova struttura è rassicurare i Paesi membri della Nato che una volta appartenevano al blocco sovietico, specialmente i Paesi baltici, Lituania, Estonia e Lettonia oltre la Polonia. La forza di reazione rapida della Nato sarà in grado di “mantenere una presenza continua nella parte orientale dell’Alleanza”, ha assicurato Rasmussen. Per farlo si “ruoteranno i contingenti”, così da non violare l’accordo del 1997 con la Russia che vieta basi stabili dell’Alleanza nei Paesi “cuscinetto”, gli ex membri del Patto di Varsavia. La creazione della forza di reazione rapida, ha voluto sottolineare Rasmussen nel corso della conferenza stampa, manda “un chiaro messaggio ad ogni potenziale aggressore: aggredire un Paese membro significa dover confrontarsi con tutti i membri dell’alleanza”.La Nato, ha assicurato, “è forte, pronta a proteggere ogni alleato in ogni momento” e a “rispondere alle minacce da qualunque parte arrivino”.
E se da un lato la Nato fa la voce grossa, dopo la firma del cessate il fuoco l’Europa prende tempo sulle nuove sanzioni contro la Russia. “L’applicazione del nuovo pacchetto di sanzioni europee rafforzate contro Mosca andrà di pari passo con l’applicazione dell’accordo sulla tregua annunciata oggi a Minsk”, ha spiegato da Newport il premier italiano, Matteo Renzi. Dunque il nuovo pacchetto di sanzioni messe a punto dal Coreper, che Renzi definisce “duro e corposo”, non entrerà immediatamente in vigore. “Il comitato degli ambasciatori si è riunito e ha predisposto un ‘pacchetto sanzioni”, spiega il presidente del Consiglio, “ma questo pacchetto non entra in vigore subito perché ha bisogno di 72 ore per gli Stati membri”. Nel frattempo ci sarà modo di tenere d’occhio l’evoluzione dei fatti sul terreno e l’eventuale stop alle sanzioni dipenderà dalla “implementazione giorno dopo giorno” dell’accordo per il cessate il fuoco.