L’estate sta finendo qui a Bruxelles (ebbene si, ho finalmente traslocato dalla piccola Leuven!) ed è subito maglione e fazzoletti (ci sarebbe pure l’ombrello, ma quello è parte integrante del belga tipo tanto quanto le frites e le gauffres).
Pensare che solo una settimana fa mi lamentavo del caldo: ho dovuto lasciare Ankara ai suoi trentotto gradi dopo una settimana turca che mi aveva portato prima ad Istanbul e Bursa.
La Turchia è un paese meraviglioso, che affascina e mantiene sempre un velo di mistero davanti a tutti coloro che la visitano. Bere çay in una minuscola libreria mentre si sfogliano prime edizioni dei discorsi di Socrate giusto un attimo prima di essere inghiottiti dal Gran Bazar (Kapalıçarşı) e le sue innumerevoli boutique orientaleggianti e a tratti troppo kitsch; passare dal silenzio delle bellissime moschee di Istanbul – interrotto solo dal vociferìo dei turisti e dai loro flash – all’atmosfera da capodanno che ogni sera accompagna l’Istiklal Avenue, l’enorme viale che collega Piazza Taksim al centro storico della città : queste sono solo alcune delle istantanee che ho portato indietro con me.
Si potrebbero spendere migliaia di pagine per parlare di questi posti e in molti giàl’hanno fatto; e prima ancora si dovrebbero passare decenni in mezzo ad essi per cercare di comprenderli meglio. Istanbul però non la si avrà mai.
E’ una di quelle città uniche al mondo, come d’altronde Roma o Parigi, eterne e sfuggenti, che trafiggono due volte coloro che la visitano : la prima entrandoci, con la sua anima generosa e i suoi tratti mai consumati dagli anni, la seconda uscendoci (perchénon la si lascia mai davvero), colmi del suo mistero e della sua storia millenaria.
La sua storia socio-politica è altrettanto intricata di elementi spesso contraddittori.
Il mese scorso è stato particolarmente importante per la recente storia repubblicana del paese. Proprio il 10 agosto si sono tenute per la prima volta delle elezioni presidenziali e l’ex primo ministro, Recep Tayyip Erdoğan, ha ottenuto quasi il 52% dei voti diventando così, già al primo turno, il primo presidente eletto della Turchia. Uno dei leader più duraturi dai tempi dello stesso fondatore della Repubblica -Atatürk, “Milletin Adamı” (“Uomo della nazione”) nei manifesti dei suoi sostenitori lungo l’intero paese, Erdoğan è riuscito a far progredire la Turchia, portandola ad essere attualmente la 17a economia al mondo e parte del G20.
Durante il viaggio in Turchia ho anche assistito ad una conferenza del ministero degli Affari Esteri. Era lo stesso giorno in cui l’AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), il partito al potere in Turchia, stava tenendo, a due passi dal palazzo nel quale mi trovavo, la convention che avrebbe inaugurato il passaggio di consegna del potere politico. Un messaggio molto chiaro è trapelato dai dirigenti del ministero, quello dell’intenzione della Turchia di essere un centro geopolitico, non più solo un ponte tra Europa e Medio Oriente. Nel 2023 si festeggerà il centenario della Repubblica in Turchia ed a questo proposito si è parlato pure della speranza che il paese possa allora essere diventato un membro dell’Unione Europea. Proprio quest’ultima sarà una delle priorità del nuovo governo guidato da Ahmet Davutoğlu, anche se il supporto dei cittadini per l’adesione ha raggiunto i minimi storici (un mero 25% ha ancora un’immagine favorevole dell’UEi).
Dall’impostazione del discorso si puo’ intendere che l’AKP è piuttosto sicuro delle sue possibilità e non intende accontentarsi di un ruolo secondario sulla scena internazionale. Le buone prestazioni dell’economia turca hanno finora mantenuto alta la popolarità del partito; non bisogna però dimenticare che questo è stato reso possibile da un’alta frammentazione sociale all’interno del paese. Le statistiche mostrano infatti come il corpus principale di sostenitori di Erdogan appartenga alla classe medio-bassa. Questa fascia della popolazione, il 60-70% in Turchia, ha avuto troppo bisogno di migliorare il proprio standard di vita negli ultimi dieci anni per potersi accorgere del deficit democratico che affligge il paese.
Alla politica turca è difatti mancato in diverse occasioni il componente democratico, come testimoniato dagli eventi cominciati l’anno scorso a Gezi Park. La chiusura temporanea di Twitter e Youtube è solo uno degli esempi di misura di sicurezza nazionale che il governo ha deciso di implementare. A questo bisogna aggiungere la presenza permanente di pattuglie in assetto anti-sommossa che si possono scorgere in Piazza Taksim tuttora. E il vice primo ministro che ha dichiarato a luglio scorso che le donne turche non dovrebbero ridere in pubblico, scatenando una forte reazione soprattutto su twitter (vedi #kahkaha).
I dati mostrano come cittadini con un livello più basso di educazione ed una più rigida osservanza dei riti religiosi musulmani tendono a sostenere maggiormente il governoii, fattore che indica come ad una crescita economica del paese non sia corrisposta una crescita sociale reale.
Come i paesaggi della Turchia possono quindi essere affascinanti e misteriosi, cosi la recente situazione socio-politica del paese non è sempre facile da seguire secondo una linea coerente. Se l’economia è stata finora piuttosto solida, gli standard democratici applicati dal governo non si sono sempre rivelati all’avanguardia. C’è chi ha parlato di nostalgia Ottomana, ma questo è un altro paio di maniche.
Prima di concludere consiglio la lettura di un altro mio articolo – intervista nel caso foste interessati alle dirette parole di due giovani turchi sulla situazione attuale e le sfide più importanti per il futuro del loro paese : “Turkish Elections: Old Face, New Challenges” (disponibile qui anche in Italiano).
Ps : So che come scrittore Orhan Pamuk non piace a tutti, ma chi fosse interessato alla Turchia ed alle sue contraddizioni viventi raccomanderei comunque vivamente la lettura di “Kar” (“Neve”), affascinante ritratto di una delle mille sfaccettature dell’anima turca.
i PewResearch, Global Attitudes Project, “Turks Divided on Erdogan and the Country’s Direction”, 29Luglio 2014. Disponibile su : http://www.pewglobal.org/2014/07/30/turks-divided-on-erdogan-and-the-countrys-direction/turkey-report-03/.
ii Come si puo’ evincere da questo grafico realizzato da PewResearch, Global Attitudes Project, “Turks Divided on Erdogan and the Country’s Direction”, 29Luglio 2014. Disponibile su : http://www.pewglobal.org/2014/07/30/turks-divided-on-erdogan-and-the-countrys-direction/turkey-report-07/