L’Occidente è pronto ad alzare il livello dello scontro con il presidente russo, Vladimir Putin. Mentre a Newport, in Galles, i leader dell’Alleanza Atlantica si riuniscono per fare fronte comune contro la Russia sul conflitto in Ucraina, a Bruxelles i rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), sono al lavoro per mettere nero su bianco le nuove misure punitive. Ieri la Commissione europea ha inviato agli Stati una prima bozza delle sanzioni che si potrebbero adottare per dare seguito alla decisione presa dai leader nel corso del vertice di sabato scorso. Ora la decisione spetta al Consiglio, che dovrebbe adottarle già entro la fine di questa settimana.
Le nuove misure restrittive, secondo la proposta dell’esecutivo comunitario, dovrebbero riguardare gli stessi settori già colpiti lo scorso 31 luglio e cioè l’accesso al mercato dei capitali, la difesa, i beni a doppio utilizzo civile/militare e l’export di tecnologie sensibili utili alla Russia in campo energetico. Questo quanto annunciato dalla stessa Commissione Ue ma, secondo alcune indiscrezioni, si starebbe ragionando anche ad altre misure punitive più simboliche, tra cui il boicottaggio dei mondiali di calcio del 2018, che dovrebbero tenersi in Russia. Il Financial Times che, citando il documento informale riporta: “Oltre alle misure economiche, si potrebbe pensare anche ad azioni coordinate all’interno del G7 e oltre per sospendere la partecipazione russa ad eventi internazionali di alto profilo cuturale, economico o sportivo (gare di Formula 1, competizioni calcistiche Uefa, Mondiali di Calcio 2018, ecc)”. Si tratterebbe, in ogni caso, di punizioni da prendersi più avanti nel tempo, mentre la sostanza delle nuove misure punitive dovrebbe riguardare i settori già colpiti, come ha confermato anche il portavoce della cancelliera tedesca, Angela Merkel: “Siamo nel 2014 – ha ricordato Steffen Seibert – i mondiali saranno nel 2018, non credo sia qualcosa di cui dobbiamo discutere oggi”.
Quello che è certo, intanto, è che la Francia ha deciso di sospendere la fornitura delle due navi da guerra che la Russia aveva commissionato e che, fino ad ora, Parigi aveva assicurato di voler consegnare. “Non ci sono le condizioni” per rispettare l’accordo, ha fatto marcia indietro un comunicato diffuso dall’ufficio di François Hollande, annunciando che “malgrado la prospettiva di un cessate il fuoco”, la Francia non spedirà la prima nave da guerra, che doveva essere consegnata tra ottobre e novembre. L’intesa, raggiunta con Mosca nel 2011, riguardava la fornitura di due navi capaci di ospitare elicotteri d’assalto per un totale di 1,2 miliardi di euro.
Troppo tesa rimane la situazione, nonostante i significativi passi avanti degli ultimi giorni: domani mattina in occasione della riunione del gruppo di contatto a Minsk, ha annunciato Poroshenko da Newport, dovrebbe essere firmato “un accordo su un piano graduale” per fermare il conflitto nelle regioni dell’est, accordo che prevede anche un immediato “cessate il fuoco”. Il presidente ucraino ha fatto sapere che se la riunione con Russia, Osce e rappresentanti dei ribelli prevista nella capitale bielorussa andrà a buon fine, alle 14 di domani (le 13 in Italia) ordinerà alle forze armate di rispettare un cessate il fuoco bilaterale. Pronti al cessate il fuoco anche i separatisti ucraini che in una nota congiunta dei leader delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk annunciano che, se dovesse essere raggiunto una accordo a Minsk, sono pronti a rispettare la tregua. La condizione è la firma del piano di pace in sette punti proposto da Putin che prevede lo stop di tutte le “operazioni offensive” di soldati e miliziani, il ritiro delle unità di Kiev a una distanza dalle città che impedisca di bersagliarle con l’artiglieria, un controllo internazionale “imparziale” e uno scambio dei prigionieri, oltre all’apertura di corridoi umanitari e alla riparazione delle infrastrutture distrutte.
Oltre che sul piano diplomatico, anche la situazione sul terreno sembra più tranquilla, anche se colpi di artiglieria sono risuonati ancora a Donetsk e si è appreso che 87 soldati ucraini che erano rimasti intrappolati nella città di Ivolaysk sono morti. I ribelli si sono detti disponibili a risolvere il conflitto per vie politiche, pur insistendo per il ritiro delle truppe ucraine.