Dal 2007 è inviato di pace del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) in Medio Oriente, eppure dall’inizio della crisi di Gaza (e anche prima) nessuno ha sentito la voce di Tony Blair e né si sa cosa stia facendo di concreto. “La sua posizione è praticamente decaduta dopo il discorso alla Bloomberg dello scorso aprile, quando affermò che l’islam radicale è la più grande minaccia a livello globale e deve essere combattuto in tutto il mondo. Un’affermazione alquanto forte per un inviato di pace dell’Onu in Medio Oriente”, ci spiega Rosa Balfour, direttrice del programma di studi per la Politica estero dell’European policy center. “E comunque è da anni che in pratica non si sa cosa faccia, sembra nulla – continua Balfour –. Ultimamente il processo di pace è stato preso in mano dall’amministrazione Obama, con John Kerry che sta portando avanti da mesi un negoziato che però si è arenato all’incirca ad aprile di quest’anno, quando Fatah e Hamas hanno raggiunto un accordo su un governo di unità nazionale che a Israele non è andato giù”.
“È ancora l’inviato del quartetto ma è meglio contattare il suo ufficio per sapere delle sue attività”, si limita a rispondere la portavoce di Catherine Ashton, Maja Kocijancic, a una nostra domanda su cosa stia facendo Blair per il Medio Oriente.
E anche in Gran Bretagna la stampa si chiede cosa stia facendo per il Medio Oriente l’ex premier che sembra molto più interessato al ruolo (profumatamente pagato) di consulente per ricchi emirati come quelli del Kuwait o di Abu Dhabi, che di mediatore di pace tra Israele e Palestina. Ieri il tabloid britannico Mail on Sunday ha rivelato che, mentre il numero delle vittime palestinesi a Gaza continuava a crescere superando il migliaio, Blair era in Inghilterra dove si dedicava a organizzare la festa di compleanno a sorpresa per i 60 anni di sua moglie Cherie. Un mega party nella villa di famiglia nel Buckinghamshire, con 150 invitati che sarebbe costato più di 50 mila sterline fra champagne, cibo e ingaggi per gli artisti che si sono esibiti.
Non che possa incidere più di tanto negli eventi, non lo ha fatto negli ultimi sette anni e dunque nessuna meraviglia, però un minimo di esposizione mediatica con una proposta, un’idea, un’osservazione, un invito alla tregua, insomma qualcosa che giustifichi almeno la qualifica che si porta appresso l’ex premier britannico, sarebbe doveroso. Altrimenti ci sono le dimissioni, possibili e dignitose, vista l’inutilità del ruolo svolto.