Oltre la metà dei cittadini europei è ancora convinta che la propria voce, in Europa, conti poco o nulla e a guidare la carica degli inascoltati sono proprio gli italiani. È quanto emerge dal primo Eurobarometro condotto all’indomani delle elezioni europee per verificare come il voto abbia influito sull’atteggiamento dei cittadini nei confronti dell’Ue. La buona notizia è che, rispetto al passato, la percentuale di chi crede che la propria voce conti qualcosa nell’Unione ha raggiunto la percentuale più alta da dieci anni a questa parte. Quella cattiva è che, anche così, rimaniamo fermi appena al 42%.
L’esecutivo Ue si rallegra, sottolineando che che questa volta, le elezioni europee hanno fatto la differenza visto che, nel novembre 2013, quelli che si sentivano ascoltati nell’Ue erano appena il 29%. “Abbiamo vissuto periodi difficili, ma l’Europa ha raggiunto un punto di svolta” canta vittoria il commissario per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, convito che per avvicinare l’Europa ai suoi cittadini, siano stati particolarmente utili “i numerosi dibattiti sulle elezioni europee, i dialoghi con i cittadini e la designazione degli Spitzenkandidaten”.
Elementi che certo hanno avuto effetti positivi, ma a ben guardare, in alcune zone dell’Ue molto più che in altre. A dare fiducia alla disponibilità delle istituzioni europee ad ascoltarli sono, più di tutti i cittadini dei Paesi del Nord Europa. Il record è quello degli svedesi (78%), seguiti da danesi (75%) e olandesi (63%). Bene naturalmente anche la Germania al 57%. Dall’altro capo della classifica, altre percentuali e anche altra zona geografica. I più sfiduciati siamo, a pari merito con i lettoni, noi italiani. Appena il 19% dei cittadini del Belpaese, meno di uno su cinque, crede di essere ascoltato in Europa, mentre il 73% è del parere opposto. Fiducia bassa anche negli altri Paesi del Mediterraneo: Cipro è al 22%, la Grecia al 24%, la Spagna al 28%, il Portogallo al 37%. Da notare che i britannici, tanto critici sull’appartenenza all’Ue, sono in realtà molto più ottimisti di noi italiani: qui, ad essere convinti di contare qualcosa in Europa, sono il 33% dei cittadini.
Se migliora la percezione di essere ascoltati, cresce anche l’ottimismo sulla situazione economica. Per la prima volta dall’inizio della crisi, la maggioranza degli europei ritiene che le cose miglioreranno nei prossimi 12 mesi e quasi tre persone su quattro non prevedono un andamento negativo. Per la prima volta da anni, poi, la percentuale degli europei che ritengono che l’impatto della crisi sul mercato del lavoro abbia raggiunto il suo apice è superiore a quella di coloro che pensano che il peggio debba ancora venire.