L’incontro di stamattina tra Massimo D’Alema e il presidente eletto della commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha fatto ripartire alla grande un “totonomine” al momento un po’ sopito da altre emergenze europee. Il presidente della Feps (Fondazione europea di studi progressisti) ha esperienza internazionale e gode di una buona rete di rapporti in Europa, di cui conosce le dinamiche, quindi potrebbe essere vera la spiegazione del rendez-vous fornita dalla portavoce di D’Alema, la quale ha parlato di “un colloquio cordiale tra due personalità che si conoscono da molto tempo, per esaminare la situazione e le prospettive delle istituzioni europee”.
L’osservazione più spontanea è che sia l’esperienza internazionale sia le relazioni europee fanno dell’ex presidente del Consiglio un candidato alla poltrona di mr Pesc. Ci era andato vicino cinque anni fa, quando fu invece nominata Catherine Ashton, e l’ipotesi circola da tempo sui giornali anche per la successione alla baronessa. Tanto che lo stesso Renzi, sarebbe pronto a sostenerne la candidatura qualora il nome di Federica Mogherini non riuscisse a ottenere il consenso necessario. Però la candidatura sembra nata già morta, perché ha incontrato l’opposizione di Angela Merkel, che considera D’Alema ancora troppo “fresco” di comunismo.
Però c’è dell’altro. Di certo D’Alema non ha bisogno di superare un “esame” da parte di Juncker per accedere a qualsiasi incarico europeo, L’ex premier è ben noto e i due, poi, si conoscono da tempo, sono stati colleghi nel Consiglio europeo; dunque l’incontro di oggi sarebbe difficile da spiegare nell’ottica di una nomina. L’altro è che Juncker è alla ricerca di una “controparte” socialista in questo complicato negoziato, che ha già visto un paio di fallimenti ed un rinvio, mai visto prima, di oltre un mese e mezzo, al 30 agosto, per decidere le candidature europee. Il presidente francese François Hollande è allo sbando, Matteo Renzi nonostante il suo brillante 40,8% non ha ancora costruito un suo “carisma” tra i leader Ue, e i popolari hanno bisogno di trovare qualcuno che ritengono all’altezza dell’analisi necessaria per tentare di districare la matassa. D’Alema ora non ha nessun incarico di governo, non è un parlamentare, ma conosce tutto e tutti in Europa, da più tempo di Renzi e con più stima di Hollande.
L’incontro (del quale si è ampiamente ripetuto che Matteo Renzi era stato informato in anticipo) dunque probabilmente è stato in questo quadro, nella ricerca di Juncker di capire cosa può interessare i socialisti europei, che negoziati sono possibili. D’altra parte, dopo l’incontro, non è stato fatto mistero che la situazione in cui lavora il lussemburghese “è estremamente complessa e i tempi di risoluzione appaiono molto lunghi”.
Per quanto riguarda l’Italia è noto che ci sono altri portafogli che interessano il governo, come confermano ambienti renziani del Pd. Tra questi ci sono: commercio internazionale, energia, agenda digitale. In questa ottica, il rinvio delle nomine al Consiglio di fine agosto permette a Renzi di prendere tempo. Settimane utili a elaborare una strategia comunicativa, con la quale evitare che l’eventuale mancata nomina di Mogherini sia considerata una sconfitta.