Il vero problema è stato quel viaggio di Federica Mogherini in Russia come sua prima missione all’estero. Una scelta che ha segnato, probabilmente oltre il necessario, la vicinanza di Roma a Mosca. Va ricordato che anche il premier Matteo Renzi il primo viaggio all’Estero non lo fece a Bruxelles, e nemmeno in Europa, ma in Tunisia.
Queste cose si notano, si vedono, e quando il nodo arriva al pettina rischia di non sciogliersi, come questa volta. Certo Federica Mogherini ha poca esperienza internazionale di alto livello (e questo sembra essere un problema per i popolari, a sentire il loro capogruppo parlamentare Manfred Weber), ancor meno di quella Catherine Ashton la cui nomina proprio per questo motivo fu molto criticata, ma questo potrebbe non essere un problema decisivo, anche perché in quella posizione i leader europei non vogliono una persona forte. Il problema è che non si è preparata per tempo questa richiesta. Non basta, come sostiene Renzi, accampare un diritto perché “quel posto va al Pse e all’interno del Pse c’è l’accordo che la prima scelta tocca all’Italia” perché ha il partito più grande. E’ un principio valido, ma non lo si esercita da solo, non è così semplice, gli incastri da far combaciare sono molti: geografici, politici, personali.
Intanto ci sarebbe un’altra poltrona cui il Pse potrebbe aspirare: quella ben più pesante di presidente del Consiglio Ue, e nessuno, almeno pubblicamente, ha detto che non possa andare ai socialdemocratici. Non è un posto per Mogherini, però. Sebbene non ci sia una norma scritta, si ritiene pacifico che il candidato, essendo il presidente di un’assemblea di capi di stato e di governo debba essere stato almeno capo di governo, è una questione di esperienza e protocollo. Probabilmente qualche leader del Pse lo ha fatto presente a Renzi, ma lui sembra non ascoltare e anche la scelta che sembra abbia fatto oggi, per la seconda volta, di non partecipare al vertice dei leader socialisti sembra segnare una frattura, e non più un semplice “ritardo” come si giustificò l’ultima volta il premier.
Altro motivo ostativo è che a quanto si sa ben undici paesi sono contrari alla nomina di Mogherini (e probabilmente di quasi qualsiasi italiano). I membri dell’Ue sono ventotto, undici sono quasi la metà, anche ammettendo una forzatura, diventa difficile per l’Unione presentarsi all’estero con un Alto rappresentante che ha una fiducia così scarsa. Ne va della credibilità ma anche dell’immagine di una figura che parte comunque già debole, vista l’esperienza degli anni passati. Incidentalmente poi non va dimenticato che se la Polonia e altri paesi dell’Est si oppongono a un nome, questo può mettere in forte imbarazzo la Germania, che è un po’ il “tutore” della loro partecipazione all’Unione.
Stabilito che quella poltrona, nelle mani giuste, non sarebbe affatto “inutile” perché si tratta comunque del primo vice presidente della Commissione, dell’unico commissario che, oltre al presidente, partecipa al Consiglio europeo, ha il potere di coordinamento su altri tre o quatto colleghi “junior”. Ricordiamo quanto contava Javier Solana, che pur avendo enormemente meno poteri fu un punto di riferimento per tutta l’Unione e un protagonista della politica estera.
Allora viene un dubbio: possibile che Renzi e i suoi non sappiano tutte queste cose piuttosto evidenti? Non lo vogliamo credere. Probabilmente Mogherini, come sospetta qualcuno, è una copertura per una trattativa su un’altra posizione. In fondo l’Italia, pubblicamente, con Renzi e il sottosegretario Sandro Gozi, all’inizio si disse interessata al commissario Trade, cui puntano anche i britannici. E non possiamo credere che ad una reale offerta del posto di presidente del Consiglio per Enrico Letta Renzi possa aver detto di “no”, sarebbe stata una posizione irresponsabile. Ed infatti lui nega che qualcuno glielo abbia proposto. Tra qualche ora, con un po’ di fortuna, sapremo come procederà la vicenda.