Jean-Claude Juncker è il nuovo Presidente della Commissione Ue. Il Parlamento europeo ha confermato la scelta del Consiglio, che aveva indicato il lussemburghese come Presidente designato. L’Aula di Strasburgo lo ha eletto con 422 voti favorevoli e 250 contrari. Per essere eletto, a Juncker bastavano 376 voti, la maggioranza assoluta. Una soglia superata senza problemi, anche se all’appello sono mancati diversi voti rispetto al previsto: l’accordo tra popolari (221), socialisti (191) e Alde (67) avrebbe dovuto assicurare una maggioranza di 479 voti.
Non sono stati pochi quindi i singoli deputati che hanno deciso, nel segreto dell’urna, di non seguire la linea indicata dal gruppo (già annunciata ad esempio la contrarietà dei socialisti spagnoli e britannici). Qualche voto positivo potrebbe essere arrivato anche dai Verdi, divisi sul sostegno a Juncker, che hanno lasciato ai membri completa libertà di voto. È comunque andata meglio che al Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, eletto con una maggioranza di 409 voti. Juncker ha anche ottenuto un sostegno dal Parlamento europeo più forte dei suoi ultimi predecessori: Barroso era stato confermato con 382 sì, mentre Prodi con 413.
A convincere l’Aula a dire sì a Juncker, un discorso fortemente incentrato su crescita e lotta alla disoccupazione e sull’impegno a “mettere le persone al centro della società”, perché “l’economia deve servire la gente e non viceversa”. “Abbiamo bisogno di una crescita sostenibile per decenni, di investimenti ambiziosi che migliorino lavoro e concorrenzialità”, ha detto Juncker ai deputati. Occorre fare scomparire quel “ventinovesimo stato” che si è creato all’interno dell’Ue: “Lo stato in cui abitano quelli che non hanno lavoro, i disoccupati giovani, quelli che restano per strada, gli emarginati”.
L’impegno del nuovo Presidente della Commissione europea in questa direzione passerà per un “programma di crescita” che “mobiliterà nei prossimi tre anni 300 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati”. Come? “Usando in modo mirato i fondi strutturali e gli strumenti che possono essere sviluppati con un patto di investimento europeo”. Un impegno che comincerà a breve termine quello di Juncker, che promette di presentarlo già “entro febbraio 2015”.
Per combattere la disoccupazione e sostenere la crescita, Juncker si è anche impegnato a estendere la garanzia giovani “passando dai 25 ai 30 anni come limite d’età” e di “smantellare la burocrazia per le piccole e medie imprese”, unico modo per fare fruttare gli investimenti. Al futuro presidente della Commissione Ue piace anche l’idea di un reddito minimo o di inserimento, su cui per il momento non ha dato più dettagli.
Il Patto di stabilità non va modificato, ha confermato conferma Juncker, perché “la stabilità è stata una promessa fatta con la moneta unica e io non la violerò” ma i margini di flessibilità “vanno utilizzati” e “la dimensione di crescita presente nel patto di stabilità e di crescita deve valere a pieno”. Da ex presidente dell’Eurogruppo il lussemburghese ha rivendicato il lavoro fatto negli ultimi anni ma, ha ammesso, “abbiamo dovuto pilotare un aereo che stava bruciando e ripararlo in volo”. Una circostanza in cui “abbiamo fatto degli errori”, che non si devono ripetere. Così “in futuro non ci saranno programmi di aggiustamento senza prima un minuzioso studio di impatto sociale”. Non solo: anche “la Troika va ripensata” perché “manca di sostanza democratica, deve essere riorientata e lo faremo”.
Nei cinque anni a capo dell’esecutivo Ue, ha elencato Juncker, ci sarà poi da creare una vera unione energetica, un mercato unico digitale “che può generare 250 miliardi di euro di crescita suppelmentare”, completare il mercato interno e andare avanti con l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, pur salvaguardando l’Europa (a partire dalla protezione dei dati che “non faranno parte del negoziato con gli amici americani”).
Grande attenzione sul tema dell’immigrazione su cui il neoeletto ha confermato: “Nominerò un commissario che lavori assieme agli stati membri e con i paesi terzi più coinvolti dal fenomeno”. Nei prossimi cinque anni, ha assicurato Juncker, “non voglio un’Europa che osservi dagli spalti gli altri che progrediscono” ma “un’Europa che gioca all’attacco e che sia un modello per gli altri”. Per crearla occorre “rinunciare al nazionalismo e giocare come una squadra”. Un invito che, per il momento gli altri gruppi hanno deciso di accettare.
Dopo avere sospeso il giudizio fino all’ultimo, in Aula i socialisti hanno confermato il sostegno a Juncker avvisandolo: “Nei prossimi mesi verificheremo la compatibilità tra i nostri programmi e quelli della futura commissione e saremo intransigenti”, in particolare sulla flessibilità su cui, ammette il capogruppo S&D, Gianni Pittella “avremmo voluto più chiarezza”. Sostegno anche dai liberali dall’Alde, il cui capogruppo, Guy Verhofstadt a Juncker ha chiesto: “Ascolta il Parlamento europeo e dai una visione per il futuro dell’Europa, usa il tuo diritto di iniziativa, ci serve maggiore integrazione per uscire dalla crisi. Se farai questo – ha concluso – ci troverai dalla tua parte, fallo e abbi il coraggio di dirlo”. Confermati invece i no di conservatori, Gue ed euroscettici di Efdd, con Farage che ha promesso: “Lei sarà eletto ma ci divertiremo a fare battaglia con lei”.