Una sorta di “reform compact”. Dopo aver sostenuto il Fiscal Compact, Mario Draghi chiede agli stati dell’Unione di impegnarsi su un programma di riforme coordinato e profondo, che accompagni le politiche di rigore, perché “è fondamentale applicare le regole”. Uno sforzo politico, un passo avanti che il presidente della Banca centrale europea in realtà chiede da tempo e che mercoledì 9 luglio a Londra, ad una commemorazione di Tommaso Padoa Schioppa, ha “formalizzato”.
Le riforme, che Draghi da sempre ritiene importanti quanto il rigore, devono essere pensate per rilanciare la crescita dell’eurozona. Il presidente si è spinto molto avanti questa volta, e ha proposto “una qualche forma di governance comune delle riforme strutturali”, un patto che “avrebbe un forte motivo d’essere”. Per i singoli paesi è difficile andare avanti da soli, come è evidente anche nel caso dell’Italia, e dunque Draghi è convinto che aiuterebbe molto lavorare insieme. “L’esperienza storica, come quella del Fmi, fornisce argomentazioni convincenti che la disciplina imposta da autorità sovranazionali può facilitare il dibattito sulle riforme a livello nazionale”, ha sostenuto.
Per Draghi, naturalmente “è rilevante e importante” che l’Ue abbia rafforzato le sue regole di coordinamento nei bilanci con il Fiscal Compact. Ora però, è tornato ad ammonire, bisogna applicarle, rallentare il percorso di consolidamento sarebbe un errore: il debito alto rende quasi tutti gli stati vulnerabili, aumentando la probabilità di cadere in uno squilibrio in cui “alti tassi inducono il default”.