Niente flessibilità, avanti con le riforme e la messa in ordine dei conti pubblici. Da Strasburgo il presidente della Bce, Mario Draghi, assesta un duro colpo a Matteo Renzi e alla sua squadra di governo. In occasione della sua prima audizione di fronte al nuovo Parlamento europeo, il responsabile dell’Eurotower esclude la possibiltà di spesa per chi non è in condizione di poterla sostenere. “La crescita non passa per nuova spesa”, e dunque “generare nuovo debito per uscire dalla crisi non è la via da seguire”. Sembra un dialogo a distanza con il capo del governo italiano (ma c’è anche il presidente francese ad avanzare richieste analoghe a quelle di Renzi). Draghi si rivolge ai deputati della commissione Affari economici, ma l’identikit che traccia dell’insostenibilità ricalca il sistema Italia. “Il debito pubblico elevato, la crescita modesta e l’alto tasso di disoccupazione ci ricordano che l’Eurozona va riportata sulla via della prosperità”. In tal senso, sostiene Draghi, “nel corso dell’ultima legislatura è stato fatto molto per tornare alla sostenibilità”, e per la legislatura appena iniziata l’obiettivo è “porre l’accento sull’attuazione delle regole concordate”. Che significa? Rispettare i patti. Quello di stabilità e crescita, e i trattati del six pack e del two pack che lo hanno aggiornato. La priorità dell’Eurozona, spiega ancora meglio Draghi, è “fare le riforme strutturali evitando di creare nuovi squilibri macroeconomici, consolidando i bilanci nel rispetto delle regole esistenti”. Quanto alla tanto richiesta flessibilità, “le regole che ci già abbiamo già contengono flessibilità”.
Tirare dritto con quanto fatto finora e, per chi non l’ha ancora fatto, sbrigarsi a realizzarlo. Mario Draghi non fa sconti né regali. Anzi, assegna compiti per casa. “La Bce non vuole dire agli Stati cosa fare”, tuttavia a Francoforte si rileva la necessità di “una governance comune per le riforme strutturali”. E’ il cosiddetto “reform compact”, il programma di riforme coordinato e profondo, che accompagni le politiche di rigore già previste dal “fiscal compact”, il patto di bilancio europeo. Il “reform compact”, spiega Draghi, deve essere “un percorso di riforme che potrebbe essere ancorato ad un processo di convergenza comune”. Non contento, affonda il suo ultimo colpo spiegando cosa si intende, a Francoforte, per “crescita amica” (Draghi parla in inglese, e dunque usa l’espressione “growth friendly policy”). “Vuol dire minore spesa governativa e minor peso fiscale”. Un altro ammonimento a Renzi, senza mai chiamarlo in causa.