Torna a riproporsi il tema delle quote latte in Italia. La Commissione europea – in occasione dell’adozione del pacchetto mensile di infrazioni – ha avviato un parere motivato per il mancato recupero di 1,4 miliardi di euro di imposte che gli allevatori avrebbero dovuto pagare per lo sforamento delle quote di produzione dal 1995 al 2009. Introdotto nel 1984, il sistema delle quote latte è il meccanismo per il controllo alla produzione. Al fine di evitare che la produzione di latte diventasse eccessiva con il conseguente crollo dei prezzi, venne deciso di fissare delle soglie annue da non superare, pena multe per i produttori. La Commissione sostiene che l’Italia su un totale di 2,2 miliardi di penali per gli sforamenti dei tetti alla produzione tra il 1995 e il 2009 più della metà (1,4 miliardi) non sia stato recuperato. Un dato che per l’esecutivo comunitario dimostra come “le autorità italiane non abbiano adottato o non abbiano attuato misure sufficienti per assicurare che le somme dovute dai produttori siano pagate”. Una lettera di messa in mora era stata inviata al governo italiano l’anno scorso (giugno 2013), ma dopo un anno per Bruxelles miglioramenti della situazione non se ne sono visti. Ora abbiamo due mesi di tempo per convincere la Commissione a non deferirci alla Corte di giustizia, e rischiare multe salate.
In un’altra infrazione la direzione generale Pesca ha rimproverato l’assenza di un piano di gestione della pesca nel Mediterraneo. Anche qui la scadenza per evitare deferimenti è di due mesi. Colpisce comunque che l’Italia – che fa del controllo del Mediterraneo una delle priorità del proprio semestre di presidenza per gestire al meglio il problema migratorio – venga rimproverata per non saper gestire l’attività di pesca nelle proprie acque territoriali. Rischio deferimento, poi, nel settore delle telecomunicazioni per la mancata attuazione della direttiva “Autorizzazioni”. Si chiede all’Italia di applicare costi amministrativi equi e trasparenti per eliminare le barriere di accesso al mercato per le piccole e medie imprese. Infine rischia di finire in Tribunale la Regione Lazio per l’elevato contenuto di arsenico nell’acqua potabile. Nella regione, in 37 zone di approvvigionamento di acqua il livello di arsenico è elevato, e la Regione Lazio in questi anni ha chiesto tutte le tre deroghe previste dalla direttiva sull’acqua potabile. “Il periodo di deroga – spiega la Commissione – era finalizzato a consentire di trovare soluzioni durature”. Tuttavia, “più di un anno dopo la scadenza della terza deroga, l’Italia continua a violare la direttiva”.