Ora il generico appoggio non basta più, adesso servono voti concreti su cui contare per potere salire sulla poltrona più alta della Commissione europea. Jean-Claude Juncker cerca consenso nelle aule del Parlamento europeo, che tra pochi giorni deciderà se dare o meno il via libera alla sua nomina a capo dell’esecutivo Ue. Lo cerca soprattutto tra gli alleati socialisti e liberali che prima di garantire il sostegno vogliono rassicurazioni precise su alcuni punti chiave. Il nodo più delicato, nel corso delle audizioni del presidente designato con i gruppi politici, rimane quello della flessibilità. Juncker tenta di rassicurare i socialisti dopo le chiusure dei falchi del rigore (primo tra tutti il capogruppo della sua famiglia europea, il popolare Manfred Weber): “Useremo tutti i margini per la flessibilità”, garantisce durante l’audizione con S&D: “Il patto non andrà modificato ma applicato con sensibilità. Serve flessibilità perché il treno europeo non deragli”. Il lussemburghese, rispondendo ad una domanda di David Sassoli, prende anche le distanze tanto da Weber (“ognuno ha il suo temperamento”) quanto da Jens Weidmann, il presidente della BundesBank che ha bocciato la flessibilità: “Ha parlato da banchiere centrale. Ha detto di non essere d’accordo con me, perchè dovrei esserlo io con lui?”, taglia corto Juncker.
Questo però, non significa che il rigore sia finito: “Non sto dicendo di essere un sostenitore o un oppositore dell’austerità”, spiega poche ore più tardi davanti ai Conservatori, “ma mi piace il rigore budgettario. Non si può spendere quello che non si ha”. Un concetto che Juncker tiene a ribadire ancora anche davanti ai liberali: “Sono contrario all’austerità eccessiva, ma resto favorevole al rigore e chi mi vuole far dire che il rigore è finito, sbaglia”, chiarisce elogiando poi l’ex commissario agli Affari economici, presente in sala: “Voglio rendere omaggio a Olli Rehn – dice Juncker – che in un periodo in cui abbiamo visto l’abisso ha fatto un lavoro straordinario”.
Ma nella prossima legislatura le cose potrebbero cambiare e ad avere le redini degli Affari economici potrebbe essere un socialista, apre Juncker durante l’audizione con il gruppo S&D. Una possibilità che piace molto ai socialisti, così come l’idea del possibile superamento della Troika: “Bisogna riflettere su come si può apportare una dose di legittimità democratica alla Troika”, dice Juncker, criticando la presenza “troppo massiccia” del Fondo Monetario Internazionale e sottolineando la necessità di una revisione.
Ma per i socialisti queste garanzie non bastano. “Si tratta solo di un primo punto di discussione a cui seguirà una riflessione e un nuovo incontro tra me e Juncker giovedì”, prende tempo Pittella: “Ci sono aspetti soddisfacenti ma anche aspetti non completamente soddisfacenti come le risposte sull’immigrazione che non ci hanno convinto”, spiega il capogruppo socialista. “Bene, ma nulla di nuovo rispetto a quanto già previsto nel documento conclusivo dell’ultimo consiglio europeo”, non si entusiasma nemmeno Simona Bonafè che assicura: “Vigileremo per capire come questa disponibilità si traduca in fatti concreti”.
A chiedere rassicurazioni sulla gestione della questione immigrazione sono in molti, non solo tra i socialisti. “Serve una politica europea – risponde Juncker – i Paesi più colpiti dall’immigrazione non devono essere gli unici a gestirla, non è un problema italiano o greco”. Per il presidente designato “Frontex ha un budget ridicolo” e occorre parlare di immmigrazione illegale ma anche occuparsi di quella legale, concordare principi generali validi per tutti e armonizzare le politiche di asilo. Risposte troppo fumose, secondo i socialisti (animati dalla consistente delegazione italiana del Pd) che dell’ottenimento di più dettagli sul tema hanno fatto un punto centrale per garantire i propri voti. La decisione di S&D dovrebbe arrivare lunedì a Strasburgo, soltanto alla vigilia del voto, così come quella di Alde. A Juncker i liberali chiedono anche di rafforzare il ruolo del Parlamento: “Con Barroso avevamo la sensazione che il consiglio contasse molto più del parlamento – sottolinea il capogruppo Guy Verhofstadt – invece dobbiamo mettere a fianco del Consiglio il Parlamento europeo, che gioca un ruolo altrettanto importante”. Insomma, la nuova Commissione “dovrà avere il coraggio di andare anche contro agli Stati”.
Discussione già chiusa invece per i conservatori che, dopo avere ascoltato Juncker in audizione comunicano: “Nonostante le convergenze su alcune aree, abbiamo sentito sopratutto di avere visioni diverse sulla futura direzione dell’Ue. Speriamo di sbagliare ma, basandoci su questo scambio di vedute, non possiamo sostenere Juncker la prossima settimana”.