José Manuel Barroso è stato ascoltato come testimone dalla Corte di Giustizia Ue nel processo per il ricorso introdotto da John Dalli, l’ex commissario europeo per la Salute e la difesa dei consumatori, dimessosi il 16 ottobre 2012 in seguito a uno scandalo legato alla presunta influenza che avrebbe avuto su di lui la Lobby del Tabacco.
Il politico maltese fu costretto alle dimissioni in seguito a un’indagine dell’Olaf, l’ufficio europeo anti-frodi, secondo cui un faccendiere di nome Silvio Zammit (suo ex collaboratore) avrebbe utilizzato il nome dell’ex commissario per ottenere 60 milioni di euro da una compagnia di tabacco svedese, la Swedish Match, con la promessa di far modificare la stretta sul tabacco in discussione all’epoca a Bruxelles e di cui si stava occupando proprio Dalli. Secondo la denuncia dell’Olaf l’ex commissario sapeva e, se anche non è chiaro se fosse direttamente coinvolto nella vicenda, non ha denunciato l’accaduto. Allora Barroso ne chiese le dimissioni che quest’ultimo diede, ha sempre spiegato il presidente della Commissione, spontaneamente e per via orale. Dopo una settimana però fece dietro-front sulla decisione affermando che il Presidente lo aveva costretto a lasciare contro la sua volontà e aggiungendo che mai aveva rassegnato le dimissioni per iscritto. Ma Barroso non accettò il cambio di idea ricordandogli che “in base al trattato, nessuna forma scritta è richiesta per la dichiarazione di dimissioni, che è irrevocabile”. Dalli allora ha chiesto al Tribunale di annullare la decisione e di condannare la Commissione a risarcire sia il danno morale sia quello materiale e a pagare la totalità delle spese.
E così per la prima volta nella storia un Presidente dell’esecutivo comunitario si è trovato, in qualità di testimone, a rispondere alle domande dei giudici.
“Dalli si è dimesso nel mio ufficio il 16 ottobre scorso in maniera non ambigua – ha dichiarato Barroso ai giudici – Gli dissi che sarebbe stato meglio per lui dimettersi di propria iniziativa, per pulire il suo nome e che se non avesse seguito questa strada come Presidente della Commissione, gli avrei dovuto chiedere di dimettersi in linea con l’articolo 17 (6) del Trattato. Abbiamo avuto una lunga discussione sui pro e i contro e gli ho dato una chiara scelta tra due alternative. Gli ho chiesto cosa aveva intenzione di fare e lui ha deciso che era meglio per lui a dimettersi di propria iniziativa”.
Per Barroso Dalli “ha proclamato la sua innocenza” ma “non ha negato di aver incontrato i rappresentanti dell’industria del tabacco attraverso il signor Zammit”, e di averlo fatto “fuori della Commissione – molte migliaia di chilometri fuori – senza che fosse presente alcun funzionario”. Lo stesso Dalli avrebbe “riconosciuto che era imprudente per un commissario di avere tali contatti”, ma non gli avrebbe dato “una spiegazione convincente per questi strani contatti” tenuti “segreti alla Commissione”.
Per questo il Presidente ha spiegato di aver voluto evitare un altro caso Santer. “Nel 1999 – ha ricordato ai giudici – l’intera Commissione guidata dal presidente Santer ha dovuto dimettersi perché un unico commissario, che era stato oggetto di accuse meno gravi, si era rifiutato di dimettersi. Questo è stato un duro colpo per la reputazione dell’istituzione”. Per questo Dalli doveva dimettersi: “Se l’integrità di un membro della Commissione è chiamata in causa, l’integrità dell’intera istituzione rischia di essere danneggiata” e allora “è compito del Presidente di proteggerla”. “Immaginiamo solo per un attimo – si è chiesto ancora Barroso – cosa sarebbe successo se Dalli fosse rimasto in carica. Pensate alle conseguenze di presentare la legislazione sul tabacco in tali circostanze: non solo lui, ma la Commissione nel suo complesso sarebbe stata sospettata”, e non sarebbe più stata possibile “l’approvazione della direttiva tabacco”, che invece poi ci fu con il sostituto di Dalli, Tonio Borg.
Per saperne di più:
– Leggi il testo della deposizione di Barroso
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