Le priorità del semestre italiano per la politica estera dell’Ue si possono “tracciare con un compasso” ideale. E’ il ministro degli esteri Federica Mogherini a illustrarle alle commissioni Esteri di Camera e Senato. “Puntando su Bruxelles” si può seguire una “linea che passa per Ucraina, Medio Oriente e Nord Africa”. Sono questi i teatri “di maggiore crisi” su cui si concentreranno gli sforzi, puntando sul “valore aggiunto dell’Italia”, quello di “saper dialogare con tutte le parti in causa”.
Il ministro annuncia: “Da lunedì sarò a Kiev e poi a Mosca”. E’ preoccupata “dall’aumento di conflittualità” tra russi e ucraini. E indica in un “cessate il fuoco bilaterale” la “priorità assoluta” a cui “stiamo lavorando”. Ci sarà poi la necessità di “realizzare un controllo dei confini da parte dell’Osce con il coinvolgimento della Russia”. Questi gli impegni più urgenti. Anche perché, ricorda Mogherini, “nel documento dell’ultimo Consiglio Affari esteri dell’Unione europea è indicata la necessità di rilanciare il partenariato Ue-Russia e quello Nato-Russia”, ma “non sarà possibile farlo se prima non si verificherà un miglioramento della crisi in Ucraina”. Una volta raggiunto il cessate il fuoco, si dovrà lavorare anche alla “confiance building”, ovvero la creazione di fiducia reciproca tra i due paesi, e “l’Ue dovrà accompagnare la realizzazione della costituzione e sostenere l’economia” di Kiev.
Il capitolo Medio Oriente ha in primo piano il processo di pace tra Palestina e Israele. E’ lì che il ministro si recherà “tra una decina di giorni come seconda visita” del semestre. Rinnovando “il cordoglio, espresso anche dal presidente del Consiglio, per le uccisioni sia dei tre israeliani che del ragazzo palestinese”, Mogherini ha espresso il timore che questi eventi tragici “incidano sull’interruzione dei negoziati, facendo scattare una spirale di odio che rende difficile il dialogo”.
Il discorso sul Medio Oriente, per il ministro, va affrontato in una accezione più ampia. Anche la crisi siriana è all’ordine del giorno dell’attività per il semestre. “L’Italia eserciterà il suo ruolo”, assicura Mogherini. Perché “la crisi in Siria rischia di destabilizzare il Libano”, dove l’Italia è presente con la missione Unifil. E poi, anche “la stabilità della Giordania può essere messa in crisi” da quanto sta avvenendo in Iraq. Quindi è necessario un intervento per “arrivare alla costituzione di un nuovo governo di unità nazionale” a Bagdad. Un governo “che rappresenti tutte le parti, non solo gli sciiti, ma anche sunniti e curdi”. Il ministro ammonisce: “o si riesce a raggiungere questo obiettivo, o l’Iraq rischia la dissoluzione come entità statale”. Per questo “è necessario l’aiuto di tutti i principali attori nella regione”, incluso l’Iran.
Poi c’è l’Egitto, dove Mogherini ha in programma di recarsi “forse già nelle prossime settimane”. L’obiettivo è quello di “entrare in un dialogo attivo e molto diretto con le autorità” del Cairo. Perché il paese dei faraoni è “uno snodo fondamentale per come si disegneranno gli equilibri della regione”.
Il discorso sulla Libia è invece legato al tema dell’immigrazione. “Da lì – evidenzia il capo della Farnesina – passano i principali flussi diretti in Europa”. Mogherini parla dell’importanza che in Libia nasca “un governo che abbia autorità e forza sufficienti per controllare il territorio e le frontiere”. Inoltre, prosegue il ministro, “speriamo che in tempi rapidi potrà partire un’attività, bilaterale e internazionale, per arrivare alla firma delle convenzioni che consentano all’Unhcr di lavorare nel paese”.
Infine, l’Italia vuole dare un impulso al processo di allargamento dell’Ue. Per questo, nel corso del semestre di presidenza, la terza tornata di visite del ministro degli Esteri avrà come meta “i Balcani occidentali e, in seguito, la Turchia”. Il ministro punta a “risultati tangibili entro i prossimi sei mesi”, che “devono tradursi in atti concreti”, come ad esempio il riconoscimento dell’Albania come paese candidato a entrare nell’Unione. Altrimenti, è il monito di Mogherini, “c’è il rischio di alimentare una frustrazione” nell’opinione pubblica di quei paesi, col risultato di mettere in discussione l’operato dei governi impegnati nel dialogo con l’Europa.