Dal Consiglio europeo di Bruxelles che ha proposto Jean-Claude Juncker come futuro presidente della Commissione europea e concordato le linee guida dell’azione del futuro esecutivo europeo, Matteo Renzi torna a casa con una convinzione: ora la vera partita si gioca in Italia. “Abbiamo ottenuto flessibilità per chi fa le riforme – tira le somme il premier a fine vertice – ora vanno fatte le riforme”. Basta dire che il problema del nostro Paese è l’Europa, insiste Renzi: “E’ l’Italia che ora deve riflettere su se stessa e proporre un pacchetto di riforme per cambiare faccia al Paese”. Un obiettivo che, per il presidente del Consiglio, va raggiungo “con un disegno di bellezza”, parola che “dobbiamo tornare ad utilizzare”.
Nel corso di un vertice “tosto e complicato”, Renzi è convinto di avere “vinto una battaglia di metodo ma anche di sostanza”: prima di tutto perché la stesura di un documento programmatico per il futuro esecutivo Ue ha preceduto la questione nomi, venendo incontro al leit motiv delle richieste italiane: “Nomine sunt consequentia rerum”. Ma “molto molto buona è anche la sostanza”, è convinto il premier, secondo cui “per la prima volta il focus è sulla crescita”, troppo spesso dimenticata. Chi parla soltanto di “patto di stabilità”, ricorda, ne viola lo spirito “visto che il patto è di stabilità e di crescita”. Convinto di avere ottenuto la flessibilità richiesta, Renzi promette ora di “continuare la battaglia” in Italia: “Non sarà una passeggiata – ammette -ma è un’operazione possibile. Però dobbiamo accelerare anche rispetto a queste settimane”.
Cosa significa concretamente per l’Italia questa apertura al “migliore uso” dei margini di flessibilità contenuti all’interno delle regole del Patto di stabilità? Numeri, spiega Renzi, è ancora impossibile farne, “da che tipo di riforme presenterai dipende che tipo di flessibilità otterrai”. Ma per come la interpreta l’Italia, ad esempio, la flessibilità potrebbe aiutare a trovare “nell’immediato una soluzione tampone” nel caso dei ritardi nei pagamenti alle pubbliche amministrazioni, dove c’è “una procedura aperta e una riforma avviata e nel mezzo ci sono i debiti da pagare”.
È proprio grazie al documento messo a punto e contenente indicazioni su flessibilità e crescita, spiega Renzi, se l’Italia ha deciso di votare a favore di Juncker,: “In assenza del documento – assicura il premier – non l’avrei fatto”. Fondamentale, spiega ancora il premier, anche l’accordo politico raggiunto tra la famiglia politica del lussemburghese e i socialisti.
Quella di Juncker è però solo la prima tessera del puzzle delle nomine che dovrà comporsi e su cui si lavorerà anche nel corso di un vertice straordinario fissato per il 16 luglio. Un puzzle in cui l’Italia vuole giocare la sua parte “non in quadro di rivendicazione di poltrone nazionali” spiega il presidente del Consiglio ma di “riconosciuta autorevolezza ai tavoli per suggellare la ritrovata centralità che il nostro Paese ha avuto e dovrà avere con maggiore determinazione”. Detto questo, alcune delle ipotesi che stanno circolando in questi giorni su possibili ruoli che saranno ricoperti da italiani sono decisamente fantasiose, assicura Renzi. Prima tra tutte l’ipotesi Letta come presidente del Consiglio europeo: il suo nome “non è mai stato fatto né in sede ufficiale, né durante il Consiglio, né nei pour parler”, gli chiude ogni possibilità Renzi. Se non altro per un calcolo matematico: difficile, secondo il premier, che due delle tre presidenze (del Consiglio, della Bce e della Commissione europea) vadano all’Italia. Un’affermazione che capovolge, in realtà, quanto affermato solo un mese fa a Bruxelles, quando spiegava che “la presidenza della Banca centrale europea non fa parte del pacchetto di nomine istituzionali dell’Ue”.
Resta invece plausibile il nome del ministro degli esteri, Federica Mogherini come Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, visto che “ragionevolmente” questa poltrona sarà ricoperta da un socialista e se il partito chiederà all’Italia di proporre il nome “ci troverebbe pronti in modo molto concreto”, assicura Renzi.
Infine il nuovo commissario italiano. Il primo luglio saremo senza, perché Antonio Tajani ha deciso di accettare il posto di europarlamentare al quale è stato eletto. Le opzioni sono tre: nominare un tecnico per quattro mesi, fino alla scadenza della Commissione, nominare già da subito il sostituto definitivo o, terza ipotesi, aspettare la nuova Commissione. “Decideremo al consiglio dei ministri del 30 giugno”, ha assicurato Renzi.