Il gruppo socialista ha ufficializzato con un voto la candidatura di Martin Schulz alla presidenza del Parlamento europeo. Il tedesco, come egli stesso aveva annunciato sabato scorso dopo il vertice del Pse a Parigi, si è arreso e ha quindi abbandonato la velleità di ottenere un ruolo di prestigio nella prossima Commissione Ue, accettando in questo modo il compromesso proposto da Angela Merkel. Una decisione che non sarà presa bene da tutte le delegazioni nazionali, alcune delle quali insofferenti verso le strategie troppo personalistiche di Schulz, e che potrebbero quindi fargli mancare il proprio sostegno nelle votazioni a scrutinio segreto, almeno nelle prime due tornate.
Questa mattina Schulz ha incontrato il capogruppo dei popolari, Manfred Weber, per discutere della costruzione di una maggioranza per l’elezione di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione europea. Con loro due vice per ciascuno gruppo, Françoise Grossetete e Esteban González Pons per i popolari, Enrique Guerrero e Gianni Pittella per i socialisti. La prima decisione presa è stata quella di dividersi ancora una volta la presidenza dell’Aula, i primi due anni e mezzo al centrosinistra, e quindi a Schulz, l’altra metà della legislatura, a partire dal gennaio 2017, al centrodestra. Su altre nomine e punti del programma “dobbiamo lavorare più rapidamente ed efficacemente possibile”, ha dichiarato Weber al termine dell’incontro.
Un incontro a due che non sembra essere andato giù al leader dei liberali, Guy Verhofstadt, tenuto per il momento fuori da ogni discussione. Verhofstadt è uscito dal silenzio nel quale è rinchiuso da giorni e con un tweet di risposta ai popolari ricordandogli che “è dal 1994 che il Presidente della Commissione ha bisogno dei voti dei liberali. I numeri dimostrano che questa volta non sarà differente”. I liberali sono, dietro i conservatori dell’Ecr, la quarta forza dell’Aula, anche loro come socialisti e popolari in calo di consensi. Questi ultimi due gruppi però, almeno a livello matematico, hanno 36 deputati più della metà dell’Aula e quindi il potere, se voteranno compatti, di eleggere da soli Juncker. Una ipotesi che però non piace a Pittella che questa mattina ha spiegato di essere contrario a una maggioranza a due. “Noi siamo per una coalizione più ampia ma poi sarà compito di Juncker costruire una maggioranza nel parlamento”, ha affermato Pittella secondo cui l’ampiezza di questa maggioranza dipenderà da se “le sue risposte saranno adeguate o meno”. “Io mi auguro di sì”, ha concluso Pittella secondo cui in quel caso sarà possibile “costruire un quadro maggioritario più ampio”.