Cambiare l’Italia per cambiare l’Europa. Si muove su due piani sovrapposti il programma di Matteo Renzi per la presidenza italiana dell’Unione e per il rinnovamento dell’Italia. Nel discorso pronunciato questa mattina alla Camera per presentare il programma del prossimo semestre di presidenza dell’Ue, il premier non si è limitato a illustrare le linee guida dei prossimi sei mesi, ma ha lanciato “una sfida al Parlamento”: realizzare in 1.000 giorni “un pacchetto organico di riforme”, che contenga le indicazioni di “come cambiare il fisco, cosa fare sui diritti, sull’agricoltura, sulla Pa e sul welfare”. L’idea è che prima bisogna capire “che tipo di Italia presentiamo” per poter dire “com’è l’Europa che vogliamo”. In sostanza – è il ragionamento del premier – se vogliamo cambiare l’Ue dobbiamo mettere a posto l’Italia.
Crescita, lotta alla disoccupazione, gestione dell’immigrazione, politica estera comune, innovazione tecnologica: sono i fari guida del prossimo semestre di presidenza Ue. Il premier Matteo Renzi li sta esponendo al Parlamento – in mattinata ha parlato alla Camera, raccogliendo un largo consenso, e nel pomeriggio al Senato – dove tratta anche la questione delle nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie. Tema che dovrà essere discusso dal Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi, e sul quale il governo auspica che “si esca con un accordo complessivo”.
In Parlamento, Renzi parla orgoglioso di guidare “il partito che in Europa ha preso più consensi di tutti”. Quindi ritiene di aver “saputo ascoltare i cittadini” meglio di altri. E’ per questo che è convinto di poter recitare un ruolo guida anche per l’Europa, che “non è – sostiene – un insieme di richieste” che provengono “da un luogo altro”, ma “è ciò che noi costruiamo”.
E quella che il prossimo presidente di turno vuole costruire è una Europa della crescita. Tuttavia, mette subito in chiaro che, “o si cambia direzione di marcia, o non esiste possibilità di sviluppo e crescita”. Ce l’ha con “i sacerdoti del rigore”. Perché la stabilità va bene, ma “stabilità senza crescita vuol dire immobilismo”. Secondo il premier “chi viola i trattati è chi parla solo di stabilità e non di crescita”. Sia chiaro, Renzi non ce l’ha in particolare con la Germania. Anche se, togliendosi un sassolino dalla scarpa, ricorda che Berlino, nel 2003, chiese e ottenne “di poter sforare la regola del 3%” perché aveva fatto delle “riforme lungimiranti”. L’Italia però non vuole violare le regole, “le abbiamo sempre rispettate e le rispetteremo”, però “c’è modo e modo di interpretarle”. Ad esempio, sembra di vivere “un film dell’orrore” se ci si trova di fronte a “una Europa che ti apre una procedura di infrazione perché non paghi in tempo le imprese e, contemporaneamente, con il Patto di stabilità ti impedisce di saldare quei debiti”.
Un’altra priorità indicata da Renzi è la creazione di lavoro. “O l’Europa è in grado di assumere la battaglia contro la disoccupazione o non ci sarà alcuna stabilità possibile”. A questo proposito il premier ha voluto precisare le motivazioni che hanno portato a far slittare a fine semestre il Consiglio informale sul lavoro, inizialmente previsto per luglio. C’è “un motivo di carattere interno – ha spiegato – perché ci piacerebbe presentarci con la legge delega (il ‘jobs act’) già approvata dal Parlamento”. In secondo luogo la giustificazione “esterna”, dovuta al fatto che “sarebbe stato impossibile fare una verifica seria del programma Garanzia giovani”. Un progetto caro al premier, tanto che “al Consiglio europeo di giovedì diremo che la Garanzia giovani non può rimanere appesa per aria”.
Anche affrontare a livello europeo il tema dell’immigrazione è questione vitale per il governo. Al prossimo Consiglio Renzi chiederà “di inserire il programma Mare Nostrum all’interno di Frontex plus”. Il premier avvisa che per una Europa unita “non basta una moneta comune o un presidente comune, sono necessari valori comuni”. Uno di questi è l’accoglienza. Perché “una Europa che dice al pescatore calabrese quali reti usare e poi, quando in mare ci sono i cadaveri, si gira dall’altra parte, non è una Europa di civiltà”. Dunque, “se di fronte alle tragedie dell’immigrazione dobbiamo sentirci dire ‘questo problema non ci riguarda’, allora tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori”.
Fin qui i temi sui quali l’esecutivo vuol dare un impulso che si traduca in misure concrete fin da subito. Poi c’è la consapevolezza che “il ruolo degli Stati membri alla guida del semestre” sia “ridotto”, che sia più “un ruolo di moral suasion”. Ma Renzi intende usare anche questo potere di spronare l’azione dei partner europei per spingere anche su altri temi. Quello della politica estera comune, ad esempio, che “non deve ridursi alle problematiche della crisi con la Russia”, ma deve saper guardare al futuro, cominciando ad avere una idea su “l’Africa e l’Asia”, a cui guardare come “grandi opportunità che si possono aprire”.