Federica Mogherini potrebbe diventare l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera. Tecnicamente sì, è evidente, ma perché l’Italia dovrebbe avere quel posto? E quali altre tessere devono incastrasi perché questo avvenga?
Diciamo che, al momento, tranne una citazione del Financial Times di ieri in un elenco di due “nomi di socialdemocratici citati più spesso”, il nome di Mogherini è solo in bocca a fonti italiane. Anche fonti altamente qualificate che oggi, di passaggio a Bruxelles, danno la cosa per “oramai fatta”.
Forse è prematuro dire che si è già chiuso, però, visto che ancora non è salato fuori il nome del presidente del Consiglio europeo, una casella che, gerarchicamente, andrebbe riempita prima di quella dell’Alto rappresentante, ammettendo poi che il nome di Jean-Claude Juncker sia quello definitivo per la Commissione. Escludendo che il posto di Herman van Rompuy possa essere preso da un liberale, anche perché socialisti e popolari al Parlamento stanno lavorando a una maggioranza che è limitata a loro due, allora è probabile che vada a un popolare, come è adesso, anche perché la maggioranza dei governi è popolare.
Il che vorrebbe dire che, mentre per l’Italia si tratterebbe senza dubbio della presa di una posizione non di potere ma certamente di grandissimo prestigio, per i socialisti europei questa tornata di nomine si accingerebbe ad essere una Caporetto terribile, nella quale l’unico a vincere qualcosa sarebbe Matteo Renzi. Qualcosa di simbolico più che di effettivo, perché, come analizzano alcuni osservatori a Bruxelles, “l’unica posizione che conta davvero nei prossimi anni è quella del commissario al Commercio estero, alla quale puntano e che probabilmente avranno, i britannici, se non altro come contropartita alla scelta di Juncker”. E’ una poltrona che conta perché si sta negoziando l’accordo di scambio commerciale con gli Usa TTIP, che, se andrà in porto, sarà la più grande operazione compiuta dell’Unione nell’ultimo decennio e che segnerà il futuro per molti altri decenni.
L’Alto commissario, invece, ha grande prestigio, grande visibilità, ma conta poco, almeno così è stato fino ad ora. Lo ha dimostrato Catherine Ashton in questi anni, che fu scelta, si disse, proprio perché aveva poca esperienza e non era in grado di disturbare le manovre dei grandi paesi. Un ritratto simile, bisogna ammetterlo, a quello di Mogherini, ministro molto apprezzato, almeno pubblicamente, dai suoi diplomatici, che sino ad oggi non ha fatto errori, ma la cui esperienza istituzionale è limitata a una legislatura da deputato e a quattro mesi da ministro. Non si tratta, insomma di un figura affermata e conosciuta a livello mondiale posta al vertice della diplomazia europea. E’ però anche vero che in questi pochi mesi Mogherini si è fatta apprezzare dal segretario di Stato Usa John Kerry, e avere una sponda così rilevante non è una questione secondaria in politica estera. Anche il non aver fatto errori in questi primi mesi di governo non è aspetto irrilevante, con questioni nazionali complesse aperte come la vicenda de Marò o quella, conclusasi positivamente, dei bambini adottati da italiani che erano bloccati in Congo. Certo, non è il negoziato sul nucleare iraniano o l’accoro tra Serbia e Kosovo, ma non si può dire che Mogherini, avvalendosi di consiglieri giusti, non potrebbe gestire situazioni simili, magari anche meglio di Ashton. Non dimentichiamo che quello, comunque, è un incarico politico, non tecnico, e le capacità politiche non si misurano necessariamente in quanti libri sono stati scritto o in quante legislature si è stati eletti.
La ministra italiana risolverebbe la questione di genere, ma resterebbe aperta quella geografica. L’Europa dell’Est cosa prenderebbe? Dopo dieci anni dall’allargamento deve ancora restare sugli spalti? Si accontenta magari di un presidente del Parlamento (popolare) per la seconda metà della legislatura? I Paesi fuori dall’euro non hanno diritto a nulla? Queste sono altre delle domande, come quella di chi andrà a presiedere l’Eurogruppo, forse a tempo pieno, al posto del debole olandese Dijsselbloem, che attendono una risposta.