Reinterpretare il patto di stabilità, riformare la Bce e rivedere le regole sulla concorrenza: sono tre sassi gettati nello stagno le proposte di Antonio Tajani nel congedarsi da vice presidente della Commissione europea con delega all’Industria.L’occasione è quella dell’incontro “Per un rinascimento industriale europeo”, organizzato stamattina a Roma dalla Commissione Ue. Una iniziativa per tracciare il bilancio dell’attività svolta negli ultimi cinque anni, e per lanciare proposte per il futuro in tema di politica industriale.
Intanto si deve intervenire sul Patto di stabilità che, secondo Tajani, “non è un dogma, deve poter essere interpretato”. Tanto più che “si chiama Patto di stabilità e crescita – sottolinea – e quindi è anche uno strumento per la crescita”. Dal canto suo, il vice presidente uscente ha “cercato di togliere i cofinanziamenti (che vedono lo Stato partner dell’Ue negli investimenti per infrastrutture, nda) dai vincoli del Patto”. Un tentativo su cui “non ho trovato una maggioranza adeguata, ma il dibattito continua”. In sostanza, anche a destra si manifesta la volontà di allentare la politica del rigore.
L’altra ‘sassata’ tirata da Tajani riguarda la Banca centrale europea. “Serve una Bce in grado di stampare moneta quando c’è una situazione di deflazione – è la sua idea – e capace di svalutare l’euro” quando la moneta si apprezza troppo nei confronti delle altre valute. La prima misura stimolerebbe il mercato interno e darebbe ossigeno alle imprese, mentre la seconda favorirebbe le esportazioni. Due condizioni necessarie per dare impulso alla produzione industriale e, di conseguenza, all’occupazione.
Il capitolo concorrenza è invece legato alla capacità delle aziende europee di sfidare i colossi di oltre oceano e quelli asiatici. “Non possiamo tarpare le ali della competitività globale – sintetizza Tajani – in nome della concorrenza”. Le norme che impediscono la nascita di “campioni europei”, secondo il commissario uscente, “in epoca di globalizzazione” sono “regole superate”. Certo c’è il rischio che, dopo aver impiegato decenni a smantellare i monopoli dei singoli stati in diversi settori, adesso si gettino le basi per la creazione di monopoli (o oligopoli) privati di dimensioni continentali. Ma per Tajani pesa di più il pericolo che sul mercato europeo arrivino “imprese da altre parti del mondo che saranno più forti e competitive delle nostre”.
Nel corso dell’incontro il vice presidente uscente ha voluto rivendicare anche “i risultati positivi raggiunti dalla Commissione Barroso”. Primo fra tutti, il fatto che “per la prima volta esiste un capitolo del Bilancio europeo dedicato all’industria”. È il segno che nei cinque anni passati “è finalmente ripresa una politica industriale da parte della Commissione”. Ma se nell’Ue si avvertono ancora i morsi della crisi, vuol dire che “quanto fatto finora non è stato sufficiente” e dunque bisogna “continuare a lavorare”.
Tajani promette di farlo. “Cambierò palazzo – dice –, da quello della Commissione mi sposterò al Parlamento”, ma “l’impegno resterà immutato”. E infatti continua a lanciare proposte per le politiche comunitarie dei prossimi anni. Parla della necessità di “armonizzare la fiscalità” e di abbattere la burocrazia, rendendo possibile “in ogni paese dell’Unione l’apertura di un’azienda in 3 giorni e con 100 euro”. E ancora di armonizzazione parla a proposito dei costi per l’energia. “Non è possibile – dice – che una azienda italiana debba pagare il 30% in più di una francese”.
Presenti all’incontro anche il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, e quello di Confartigianato, Giorgio Merletti. Entrambi hanno evidenziato “la grande opportunità” rappresentata dal prossimo semestre di presidenza italiana dell’Ue. Squinzi si è detto pronto a “sostenere un dialogo propositivo con il governo”, e si è dichiarato “molto lieto che le priorità indicate dall’esecutivo per il semestre Ue siano la crescita e l’occupazione”. Merletti, che come Squinzi ha voluto ringraziare Tajani per il lavoro svolto, ha indicato alcuni punti su cui l’Ue dovrebbe concentrarsi per favorire una qualificazione del lavoro. Ha lanciato l’idea di un “riconoscimento paritario tra la formazione universitaria e la specializzazione professionale”. Inoltre, ha proseguito, bisognerebbe “investire nell’apprendistato e nella formazione europea”, prevedendo “una sorta di Erasmus anche per i giovani lavoratori”.