Il progetto è ambizioso: arrivare a un Testo unico che tuteli a livello europeo i diritti digitali dei cittadini dell’Unione. Se ne è discusso ieri nella Sala del Mappamondo di Montecitorio, in occasione di un convegno intitolato “Verso una Costituzione per internet?”. L’iniziativa, promossa dalla presidente della Camera Laura Boldrini, è volta a “dare al governo il contributo del Parlamento per il semestre di presidenza Ue”. Un contributo ben accetto, visto che in un saluto inviato al convegno, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha dichiarato i diritti digitali come “un tema prioritario per il governo italiano durante il semestre europeo”. Anche Marianna Madia, titolare delle deleghe alla Semplificazione e Pubblica amministrazione, si è unita al collega con l’annuncio di volersi occupare di certificazione dell’identità su Internet.
La tempistica dell’iniziativa non è casuale. Infatti, quando si insedierà come presidente di turno dei 28, Matteo Renzi troverà sul suo tavolo il regolamento sul trattamento dei dati digitali. Il documento è già stato approvato in prima lettura dal Parlamento di Bruxelles, e il Consiglio Ue dovrà esprimere il proprio parere prima dell’approvazione finale. “Una grande opportunità per il governo italiano – ha sottolineato il professor Stefano Rodotà nella relazione di apertura al convegno – e insieme una grande responsabilità”.
Rodotà ha in mente un Internet bill of righs, una sorta di dichiarazione universale dei diritti digitali che “vada anche oltre l’Europa”. Riuscire ad adottare un regolamento valido per tutta l’Ue “sarebbe un importante passo verso la realizzazione di una Costituzione per Internet”. In che modo? Il professore parla di “forza espansiva dei principi”. Per illustrare la tesi fa un esempio basato sulla sentenza della Corte di giustizia Ue in materia di diritto all’oblio (che consente a un cittadino di far “deindicizzare” dai motori di ricerca i contenuti obsoleti o non pertinenti che lo riguardano). “Dopo quella decisione del 13 maggio – è la riflessione di Rodotà – ci si può immaginare che cittadini di altri paesi avanzeranno richieste di tutele analoghe a Google. Sarà difficile rispondere che quei diritti sono previsti per gli utenti europei e gli altri ne sono esclusi”.
Insieme con la già citata sentenza sul diritto all’oblio, anche la sentenza della Corte di giustizia Ue dell’8 aprile definisce dei principi fondamentali “che non possono essere ignorati”. Con queste due sentenze, secondo Rodotà, si stabiliscono due punti importanti. Il primo è “il principio di subordinazione delle esigenze di mercato rispetto alla tutela dei dati personali”. Il secondo è che “le misure in materia di sicurezza e ordine pubblico devono essere compatibili con le caratteristiche di una società democratica”, quindi non possono prevaricare in maniera sproporzionata il diritto alla riservatezza.
A questi principi si dovrà ispirare la regolamentazione europea. Di fatto, nel regolamento che sarà sottoposto all’esame del Consiglio Ue, già si va in questa direzione. Ad esempio, sono previste norme più stringenti per il trasferimento di dati, soprattutto al di fuori dell’Ue. Un’azienda dovrà chiedere l’autorizzazione dell’Autorità nazionale per la privacy e informare il diretto interessato prima di poterne divulgare i dati. Ognuno avrà diritto a chiedere la cancellazione delle informazioni personali che lo riguardano. Nessun fornitore di servizi internet potrà trattare i dati raccolti se non con il consenso esplicito e informato del titolare. A fronte di queste regole sono previste pesanti sanzioni per i trasgressori: fino a 100milioni di euro o il 5% del fatturato globale del’azienda. Le basi sono state gettate, starà alla presidenza italiana dell’Ue saper stimolare la costruzione di una Costituzione per Internet.