La mancata integrazione costa all’Europa almeno 800 miliardi di euro l’anno. In pratica all’Ue manca un 6% di Pil per i ritardi nella realizzazione del progetto comunitario. Sono le stime contenute in “Mappatura dei costi della non-Europa, 2014-19”, studio del servizio ricerca del Parlamento europeo realizzato come contributo in vista della nuova legislatura. Il documento “intende offrire un contributo al dibattito sulle priorità dell’Unione europea per i prossimi cinque anni di ciclo istituzionale”, si spiega nell’introduzione del documento.
Lo studio evidenzia i punti critici dove il Parlamento uscente, nel corso della legislatura, ha già chiesto a Commissione e Consiglio di lavorare per rafforzare l’economia Ue. Il primo settore dove intervenire è il mercato unuico digitale. Qui il completamento del mercato potrebbe generare un ritorno, a prezzi correnti, anche fino a 520 miliardi di euro (4% del Pil Ue) anche se “la complessità delle azioni necessarie richieste avrà bisogno di tempo perchè si possano avere i frutti” dell’integrazione digitale dell’Ue. Nel breve periodo il servizio ricerca del Parlamento europeo stima dunque a circa la metà (260 miliardi di euro l’anno) i benefici per l’Ue dal mercato unico, ancora lontano dall’essere realtà. “Attualmente la situazione è di alta frammentazione del mercato in 28 mercati nazionali”.
La non Europa incide, e tanto, nella mancata realizzazione del mercato unico per consumatori e cittadini. “Una stima attenta del potenziale di crescita dell’efficienza del mercato di beni e servizi suggerisce guadagni per l’1,8% del Pil dell’Ue (circa 235 miliardi di euro l’anno) rispetto allo status quo”, rileva lo studio. Perchè ciò sia possibile occorrono “migliore trasposizione, migliore attuazione e migliore esecuzione della legislazione esistente” e una maggiore sorveglianza dei prodotti di mercato. Cinquanta miliardi di euro l’anno in più l’Ue li può reperire sul mercato unico dell’energia, una volta che questo è completato. Non a caso il Parlamento uscente nel corso della legislatura ormai al termine ha più volte insistito con “la necessità di progredire nell’attuazione del terzo pacchetto energia”.
Il Ttip, l’accordo per il libero scambio e gli investimenti tra Ue e Stati Uniti, “pienamente attuato” potrà accrescere il Pil comunitario dello 0,5%, pari a 120 miliardi di euro l’anno, stando alle previsioni della Commissione europea. Il Parlamento preferisce la linea della cautela e suggerisce che i potenziali benifici dell’accordo si aggireranno sicuramente attorno ai 60 miliardi di euro l’anno. Più che sui numeri i deputati europei hanno chiesto di negoziare con gli Stati Uniti un accordo che crei occupazione. Tema da sempre sensibile quello della difesa comune. La reticenza degli Stati membri a non procedere su questo dossier pesa per almento 26 miliardi di euro l’anno. Anche qui si tratta di stime per difetto, perchè ci sono studi che suggeriscono che una maggiore cooperazione nella difesa potrebbe anche liberare fino a 130 miliardi di euro l’anno, ma il servizio ricerca del Parlamento si limita a calcoli più prudenti. “Il miglioramento del 10% dell’efficienza industriale di setttore e una maggiore cooperazione suggeriscono guadagni per almeno 26 miliardi annui”. Altri 31 miliardi di euro in più all’anno potrebbero essere recuperati attraverso un miglior coordinamento delle politiche fiscali. Ancora, riducendo del 10% la violenza sulle donne si possono mettere da parte almeno sette miliardi di euro l’anno. La violenza sulle donne costa in termini di spese legali, servizi sociali, assenza dal posto di lavoro e ridotta concentrazione.
L’Ue ha un tesoretto potenziale tutto da conquistare. Un messaggio rivolto anche a quanti non credono nel progetto europeo. Gli euroscettici di Bruxelles e Strasburgo hanno un documento di 52 pagine – consultabile anche on-line – su cui riflettere. La liberazione del potenziale di crescita e competitività dell’Europa passa anche attraverso le loro scelte.