Gli Stati che fanno parte dell’Unione Europea da ora in poi saranno liberi di scegliere come comportarsi con gli Ogm, gli organismi geneticamente modificati. Starà quindi a ciascun Paese scegliere se autorizzarne o vietarne parzialmente o completamente la coltivazione sul proprio territorio.
La decisione, frutto di un accordo tra i Ministri dell’Ambiente riunitisi oggi a Lussemburgo in occasione del Consiglio, arriva dopo anni di dibattiti e battaglie e rappresenta un compromesso tra il fronte dei pro e quello dei contro. Stati come Regno Unito e Spagna, da sempre favorevoli alla coltivazione, potranno proseguire sulla loro strada, mentre gli Stati contrari, tra cui Italia in prima linea, ma anche Francia e Austria, avranno la possibilità di bandirli dai propri confini.
Il testo, presentato dalla Grecia – presidente di turno del Consiglio Ue – dovrà comunque tornare al Parlamento europeo per la seconda lettura. Quello che si profila sembra quindi un dibattito destinato a durare ancora a lungo e c’è già chi sottolinea la debolezza dell’accordo raggiunto. Greenpeace e Slow Food ritengono che il testo, nella forma attuale, rischia di trasformarsi in una trappola per i Paesi che non vogliono cedere alla coltivazione degli organismi geneticamente modificati. “La formula illustrata dalla Grecia dà poche garanzie di reggere in sede legale: quei Paesi, come l’Italia, che vogliono dire no agli Ogm sarebbero esposti alle ritorsioni legali del settore biotech – esplicitano le due Ong – il provvedimento inoltre impedisce agli Stati membri di utilizzare i rischi per la salute e l’ambiente derivanti dalle colture Ogm come motivo per limitarne la coltivazione a livello nazionale”. Il compromesso raggiungo piace poco anche ai Verdi: “E’ un passo avanti nella giusta direzione, ma non il traguardo definitivo – dichiara Monica Frassoni, Co-presidente del Partito Verde Europeo – un simile accordo rischia di lasciare entrare gli Ogm dalla ‘porta di servizio’ di singoli Stati, mettendo in pericolo anche i campi dei paesi limitrofi che hanno avuto la forza di dire no”,
Greenpeace e Slow Food chiedono quindi ai parlamentari europei di rafforzare la legge per garantire una reale solidità giuridica alle iniziative di quegli Stati che non vogliono gli Ogm. E in questo senso l’Italia ha l’occasione di giocare un ruolo fondamentale, visto che da luglio starà a lei guidare il semestre europeo di presidenza. Anche il Ministro italiano dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha espresso con un tweet la propria contrarietà agli organismi geneticamente modificati: “A Lussemburgo per Consiglio dell’Ambiente Ue, ribadisco no Italia a Ogm. Partita da vincere, come quelle di #Brasil2014”. “L’Italia è libera di non coltivare Ogm come ha fatto fino ad ora e come chiedono quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono al biotech nei campi”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, secondo il quale per l’Italia gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy”.
Il Ministro dell’Ecologia e dello Sviluppo sostenibile francese Ségolène Royal e il ministro delle Politiche agricole e alimentari Stéphane Le Foll hanno accolto con favore l’accordo raggiunto in Consiglio: “Si tratta di una gradita risposta dell’Unione europea alle legittime aspettative dei cittadini e degli Stati europei ad avere un quadro più flessibile sulla questione delle colture geneticamente modificate – hanno dichiarato i ministri francesi – si è unita per molti aspetti la posizione che il Parlamento europeo aveva adottato e questo dovrebbe facilitare il dialogo tra il Consiglio e il Parlamento per l’adozione della nuova direttiva”.
Secondo una analisi della Coldiretti nell’Unione Europea nonostante l’azione delle lobbies che producono Ogm, nel 2013 sono rimasti solo cinque, sui ventotto, i paesi a coltivarli (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), con appena 148mila ettari di mais transgenico MON810 piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna (136.962 ettari). Si tratta quindi di fatto di un unico Paese (la Spagna) dove si coltiva un unico prodotto (il mais MON810).