Il Tribunale dell’Unione europea ha oggi confermato la multa “stratosferica” da 1,06 miliardi inflitta a Intel per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato dei processori x86 tra il 2002 e il 2007. respngendo integralmente il ricorso presentato dalla società contro la decisione della Commissione europea.
L’esecutivo comunitario nel maggio 2009 aveva inflitto al produttore americano di microprocessori un’ammenda di 1,06 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato dei processori x86 (che sono componenti essenziali, sono il ‘cervello’ di un pc), in violazione delle regole di concorrenza dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE). Secondo la Commissione, Intel, che detenva almeno il 70% del mercato, ha abusato della sua posizione dominante mettendo in atto una strategia volta a estromettere dal mercato il suo unico concorrente effettivo, Advanced Micro Devices, Inc. (AMD), in quanto “era un fornitore di processori x86 imprescindibile, non avendo i clienti altra scelta che quella di rifornirsi presso tale società per soddisfare una parte del loro fabbisogno”.
Intel ha applicato a quattro importanti produttori di computer (Dell, Lenovo, HP et NEC) sconti condizionati al fatto che questi si rifornissero da lei per tutto, o quasi tutto, il loro fabbisogno di processori x86. Allo stesso modo, Intel ha accordato pagamenti a Media Saturn sottoposti alla condizione che quest’ultima vendesse esclusivamente computer dotati di processori x86 di Intel. Secondo la Commissione, tali sconti e pagamenti hanno garantito la fedeltà dei quattro produttori sopra menzionati e di Media Saturn e, in tal modo, “hanno ridotto in modo significativo la capacità dei concorrenti di Intel di competere grazie ai meriti dei loro processori x86. Il comportamento anticoncorrenziale di Intel ha quindi contribuito a ridurre la scelta offerta ai consumatori nonché gli incentivi all’innovazione”. Inoltre, Intel, dice la Commissione, ha accordato a tre produttori di computer (HP, Acer e Lenovo) pagamenti “subordinati alla condizione che essi differissero o annullassero il lancio di prodotti dotati di processori di AMD e/o ne limitassero la distribuzione”.
Da Bruxelles dunque partì l’ordine di cessare il comportamento e di pagare l’ammenda miliardaria, decisione contro la quale Intel ha fatto ricorso, integralmente respinto dal Tribunale. La società ha ora due mesi di tempo per proporre un’impugnazione davanti alla Cote di Giustia dell’Unione.
Secondo il Tribunale “gli sconti applicati a Dell, HP, NEC e Lenovo sono sconti di esclusiva. Sconti di questo tipo – ove siano accordati da un’impresa in posizione dominante ̶ sono incompatibili con l’obiettivo di una concorrenza non falsata nel mercato comune”. Infatti, salvo circostanze eccezionali, non si basano su una prestazione economica idonea a giustificare un tale vantaggio finanziario, ma “mirano a sopprimere o a restringere la possibilità per l’acquirente di scegliere liberamente le proprie fonti di approvvigionamento e a bloccare l’accesso al mercato agli altri produttori”. Questo tipo di sconto costituisce, sostiene il Tribunale, un abuso di posizione dominante qualora non sussista alcuna giustificazione obiettiva per la sua applicazione.
Per i magistrati comunitari poi i pagamenti effettuati in favore di HP, Acer e Lenovo allo scopo di ritardare, di annullare o di restringere la distribuzione di alcuni prodotti dotati di processori AMD, “erano tali da ostacolare l’accesso di AMD al mercato”.
Infine, secondo Tribunale, benchè Intel ne contesti la conguità, l’ammenda “è adeguata alle circostanze”. La Commissione ha fissato la percentuale del valore delle vendite determinata in base alla gravità nella misura del 5%, che si colloca nella fascia bassa della scala, la quale può arrivare fino al 30%. Peraltro, l’ammenda equivale al 4,15% del fatturato annuo di Intel, quindi si colloca al di sotto del tetto massimo previsto del 10%.