Vanno bene i discorsi, le riunioni e le trattative. Ma ad un certo punto bisogna prendere in mano carta e penna ed iniziare a fare i conti. È possibile che sia l’accoppiata Farage-Grillo sia la destra di Marine Le Pen abbiano i numeri per formare un gruppo al Parlamento europeo? La battaglia è dura ma tecnicamente non impossibile. Si gioca davvero sul filo delle unità per riuscire ad accaparrarsi quella manciata di partiti e partitini che ancora non hanno trovato una collocazione nelle fila dei gruppi che andranno a comporre il nuovo emiciclo. I numeri, in termini di deputati, non mancano né a Farage né a Le Pen: a fare tribolare è sempre la soglia degli almeno sette Stati da cui obbligatoriamente devono provenire i deputati.
Ad oggi, ancora nel pieno delle trattative, il gruppo capeggiato dal Front National, è sicuro di potere contare sui partiti di cinque Paesi, che hanno già ufficializzato l’unione: oltre alla Lega Nord di Matteo Salvini, anche i belgi di Vlaams Belang, l’austriaco FPO, e il Partito per la libertà olandese. All’appello ne mancano ancora due. Più fumosa la situazione sui possibili alleati di Ukip, che non vuole parlare almeno fino a dopo il referendum con cui i grillini approveranno (o meno) l’unione con Faraage. Molto probabilmente gli indipendentisti inglesi potranno contare sul Partito dei liberi cittadini della Repubblica Ceca, mentre il lituano Ordine e giustizia sembra essersi spostato dall’idea di un accordo con Farage a quella di uno con Le Pen, che arriverebbe così a quota sei.
Dal gioco ad incastro bisogna poi escludere tutti i partiti che hanno già aderito al gruppo dei conservatori, che sta facendo manbassa di alleati. Il gruppo guidato dai Tories britannici, ad oggi, risulta già per numero di deputati, la quarta coalizione del Parlamento europeo. Delle 34 nuove entità (partiti o deputati indipendenti), che faranno il loro ingresso nel nuovo emiciclo, i conservatori se ne sono già assicurati 6 (che hanno confermato e ufficializzato la decisione): I Greci indipendenti, il tedesco Partito delle Famiglie, il Partito popolare danese, i Veri finlandesi, lo slovacco Gente Comune e Personalità Indipendenti e lo slovacco Nova. Inoltre sette dei partiti già presenti in Parlamento e già affiliati a Ecr, hanno confermato la loro collocazione anche per la prossima legislatura.
Tolti questi partiti, gli incerti si contano davvero sulla punta delle dita, ma sarebbero ancora sufficienti a soddisfare sia la esigenze di Le Pen sia quelle di Farage. Sono ancora su piazza: i democratici svedesi, il polacco Congresso della nuova destra, Bulgaria senza censura, Alternative fur Deutchland e l’olandese Partito politico riformato. Ognuno di questi ha diverse inclinazioni, che potrebbero farlo propendere per una fazione, per l’altra o anche per nessuna delle due. Il tedesco Afd, ad esempio, figura ancora tra i non collocati soltanto perché i conservatori di Cameron hanno bloccato per ora la loro richiesta di adesione per non fare uno sgarbo troppo evidente alla nemica dichiarata del partito, Angela Merkel.
L’elemento più adatto a completare lo schieramento a sette di Le Pen sembra la nuova destra polacca. Con la loro adesione, il gruppo sarebbe completo. Per Farage rimarrebbero invece disponibili Bulgari, svedesi, olandesi e tedeschi di Afd (sempre che Ecr non decida di togliere il veto e accoglierli). C’è anche qualche jolly: deputati indipendenti, ad esempio un parlamentare romeno o uno irlandese, che potrebbero lasciarsi convincere ad ingrossare le fila dell’una o dell’altra fazione. Il risiko insomma è difficile ma ancora fattibile, anche considerando che è interesse di entrambi gli schieramenti che tutti e due i gruppi possano vedere la luce: con Ecr, il gruppo di Le Pen e quello di Farage, il blocco a destra sarebbe fortissimo.