“Non abbiamo mai pensato all’Europa come a una casa, a un rifugio, e oggi ne paghiamo le conseguenze”. È una riflessione che suona in parte come un mea culpa, quella con cui Herman Van Rompuy, ha ritirato oggi ad Aquisgrana lo Charlemagne Prize. Accettando uno dei premi più prestigiosi assegnati alle personalità che si siano distinte in favore dell’integrazione e dell’unione in Europa, il presidente del Consiglio europeo tenta di dare una spiegazione all’avanzata dei nazionalismi, a quella voglia di abbandonare l’Europa per richiudersi all’interno dei confini nazionali, che tanta spinta sta dando ai movimenti euroscettici. “Come è possibile – si chiede Van Rompuy – che la gente veda l’Europa come qualcosa che li fa sentire impotenti e senza voce, mentre è stata concepita proprio per renderli più forti?”
Una risposta, il Presidente del Consiglio europeo se l’è data: l’Ue “fin dall’inizio ha agito per rimuovere i confini: per le merci, per i lavoratori, per gli investimenti, per lasciare le persone e le aziende libere di muoversi”. Lo stesso fa ancora oggi: “In campi come l’energia, le telecomunicazioni, l’economia digitale” il focus è sempre “abbattere le barriere, creare un grande spazio comune”. Un bene, di sicuro. Ma l’Europa, in questa sua frenesia di aprire ha perso la sua immagine “di casa, di rifugio”. “Da molti – continua Van Rompuy – è ora percepita come un intruso sgradito, l’amica della libertà viene vista come una minaccia alla protezione”.
Per riguadagnare la fiducia dei cittadini, secondo il Presidente del Consiglio europeo, occorre ora “trovare il giusto equilibrio”: per l’Unione europea “è essenziale agire anche sul versante della protezione”. È “urgente” che l’Unione mostri “di avvantaggiare non solo le imprese, ma anche i dipendenti, non solo chi si sposta, ma anche chi resta, non solo i laureati e quelli che conoscono le lingue, ma tutti i cittadini”. L’Europa, conclude Van Rompuy, deve mostrare di vedere le persone “non solo come consumatori, che amano i prodotti a basso costo, ma anche come lavoratori, che possono vedere negli altri dei concorrenti per il loro lavoro”.