Dottor Miozzo, un bilancio della sua esperienza all’interno dell’Ue?
Questa è stata una fase difficilissima della costruzione dell’Europa, con un trattato che ha introdotto una nuova dimensione e ha creato una struttura che dovrà essere quella che governerà la politica estera dell’Unione. Abbiamo fatto molto, ma siamo solo all’inizio
Quanto ha inciso e incide l’Italia sul tavolo europeo in tema di sicurezza?
Dal punto di vista del mio Paese, se vogliamo immaginare di beneficiare di più dell’Europa, dobbiamo viverla di più, conoscerla di più ed essere protagonisti comprendendone le potenzialità straordinarie. L’Europa può darci molto e noi possiamo dare molto all’Europa. Dobbiamo però capire che non c’è futuro “bilaterale” sugli aspetti della sicurezza, dell’immigrazione, della difesa, ma solo in Europa possiamo trovare le soluzioni.
Cosa manca all’Italia?
Io sono qui da tre anni e mezzo e ho visto quattro ministri degli Esteri e quattro presidenti del Consiglio che hanno ruotato ai tavoli che decidono le politiche dell’Unione. Li ho visti io come li ha visti l’Europa. La credibilità che la struttura ha nei confronti del nuovo ministro che potrebbe restare fino all’anno prossimo o cadere domani purtroppo è diminuita. L’unico modo per tornare a essere attendibili è la stabilità politica. La credibilità che abbiamo tecnicamente e l’accettazione anche all’interno dell’Ue è grande, però ci manca il sistema Paese.
Cosa ne pensa del comportamento dell’Italia e dell’Europa in Libia?
L’Europa è stata la prima a essere in Libia, e poi? Non è che l’Unione europea se n’è andata, è il sistema che se n’è andato. La Francia ha battuto il pugno sul tavolo sul Mali e sulla Repubblica Centrafricana e qualche cosa è successo, anche da parte dei più scettici. Alla fine le operazioni si stanno facendo. La Libia, che era il cuore della nostra priorità non dico economica, ma politica, strategica, di sicurezza, è stata trascurata. Quanti pugni abbiamo battutto sul tavolo per pretendere, per volere, per esserci?
Il suo mandato sta giungendo al termine, cosa farà dopo?
Dipenderà dal prossimo Alto rappresentante: aspetto che venga nominato, dopodiché farò una proposta di ipotesi di lavoro. Se lui ha una sua agenda è ovvio che verrà applicata quella, ma se vorrà ascoltare alcuni suggerimenti io li darò molto volentieri. Poi la parola spetterà al mio governo e al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, dal quale la mia carica dipende.