“Se le interruzioni delle forniture energetiche russe si dovessero verificare a gennaio, quando la domanda è maggiore, quasi tutta l’Unione europea, ad eccezione della penisola iberica e della Francia meridionale, sarebbe direttamente colpita”. E’ quanto denuncia la Commissione europea nello studio sulla sicurezza energetica, documento di lavoro fatto circolare a Bruxelles a seguito della crisi ucraina e il deterioramento dei rapporti con la Russia. L’esecutivo comunitario ammette che “gli attuali eventi che interessano le frontiere orientali dell’Unione europea sono motivo di preoccupazione per quanto riguarda sia la continuità delle forniture energetiche sia il prezzo dell’energia”. I paesi esposti a un’eventuale crisi sono quelli balcanici. Finora interconnettori, inversione dei flussi e stoccaggio hanno permesso all’Europa di accrescere la propria capacità di rispondere a eventuali shock energetici, ma “nel breve periodo un’interruzione delle forniture durante l’inverno lungo le vie di transito ucraine pone sfide significative, in particolare per Bulgaria, Romania, Ungheria e Grecia”.
C’è di più. La mappa delle criticità energetiche tracciate rileva che l’Europa dell’est manca di una diversificazione di fonti e fornitori che rischia di porre un problema sulla frontiera orientale. “Rischi di interruzioni nelle forniture o impennate significative dei prezzi dipendono dal numero dei fornitori” e allo stato attuale repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania), Finlandia, Slovacchia e Bulgaria “sono dipendenti da un singolo fornitore per le intere commesse di gas”. Cosa succederebbe, dunque, se la Russia dovesse decidere di chiudere i rubinetti del gas ucraino? Lo studio della Commissione risponde anche a questa domanda. In caso di stop alle forniture tra giugno 2014 e marzo 2015 la Bulgaria avrebbe riduzioni tra il 60% e l’80% delle scorte, la Lituania tra il 40% e il 60%, Croazia, Romania, e Grecia tra il 20% e il 40%.
Per evitare black-out la Commissione ripropone la ricetta di sempre: diversificazione delle fonti e dei fornitori e rinnovabili. In tale ottica “la promozione e lo sviluppo di un ampio ventaglio di combustilibi indigeni a basse emissioni di carbonio possono certamente aumentare la diversità delle forniture riducendo i rischi legati ad approvvigionamenti e prezzi”.
L’esecutivo Ue propone di investire in due direzioni: efficienza energetica e mercato unico dell’energia. Come spiega il commissario per l’Energia, Gunther Oettinger, gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici e dell’uso di un terzo del gas naturale. “Il settore gioca un ruolo cruciale, e credo che l’efficienza energetica sia la prima risposta al problema delle importazioni”. L’esecutivo comunitario “nelle prossime settimane” lavorerà su questo. Parellelamente, continua Oettinger. “Oggi incontro il primo ministro dell’Estonia, e con lui parlerò dell’integrazione di Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Slovacchia al mercato dell’energia europeo attraverso la realizzazione di un condotto per il gas naturale liquefatto (gnl)”. Questi sei paesi allo stato attuale dipendono interamente dalla Russia: è Gazprom a vendere il gas e “c’è l’interesse a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti dei nostri partner”. Oettinger inoltre guarda a nord. “Tra qualche anno la Norvegia sarà in grado di aumentare le esportazioni di gas di circa 10 miliardi di metri cubi”. Il paese scandivano, terzo esportatore al mondo di gas naturale, “potrebbe diventare un nostro partner”.