Ci sono molte cose da dire su queste europee. Alcune scontate. Alcune si sono perse nei fiumi di parole dei commenti di queste ore. Alcune, forse troppe, sedate da un mix di euforia (nel Pd) e di un agognato sospiro di sollievo da parte di tutti i democratici di questo Paese.
Nel vortice del tentativo – stavolta davvero improponibile – dell’eterno “abbiamo vinto tutti”, aggiungo le mie considerazioni, poco politiche spero, e legate al mio tema, la comunicazione politica.
Molti hanno parlato di risultato imprevisto e imprevedibile, e se badiamo a numeri e percentuali è anche vero. Ma in termini di contenuto era possibile, e francamente auspicabile.
Semplicemente è avvenuto che – nel segreto dell’urna – gli italiani hanno fatto una scelta tra chi ha urlato, giocato sul boia chi molla, sulla peste rossa, sulle liste di proscrizione, ha minacciato processi sommari di piazza, ha giocato sulla Shoa e su Hitler, ha promesso novelle marce su Roma e alimentato una campagna d’odio senza precedenza, e l’unico soggetto politico che si è presentato come “argine” a tutta questa barbarie.
Il voto, se vogliamo, lo possiamo paragonare al famoso ballottaggio Chirac-LePen quando una Francia incredula si risvegliò una mattina, e votò compatta – nonostante tutto – per se stessa e la propria storia.
Il Partito Democratico
In casa Pd si aprono moltissimi temi e riflessioni. Indiscutibile una vittoria assoluta in termini di percentuali, la buona notizia vera sta nel numero dei voti.
Il Pd si riprende quelli ceduti a Grillo, quei tanti che volevano un rinnovamento e che in Matteo Renzi lo hanno visto concretizzato, anche perchè quell’inerzia incostruttiva e violentemente ostruzionistica di Grillo proprio non se l’aspettavano e meno ancora l’avevano digerita.
Un risultato storico con cui tutti faranno i conti, e dato che sarà difficilmente ripetibile, la spada di Damocle di “quanto perderà il pd” è già pronta.
Il Pd prende atto che “oltre Renzi il nulla”, e oggettivamente in un partito con tante anime una leadership assoluta e senza alternative non è mai un bene. Renzi vince anche una sfida, interna e personale – sul filo di lana dell’ultima settimana, e questo lo sanno bene i sondaggisti che avevano dati affidabili ben diversi – di far eleggere tutte le capolista.
Nel PD i candidati della mozione Civati passano praticamente tutti, anche quando non sono nomi notissimi, segno che quella comunicazione, quel rapporto con gli elettori e gli attivisti e quella “campagna della base” paga, e parecchio. E questa, anche questa, è un’ottima notizia per il PD, che conferma una voglia di rinnovamento interno senza strappi.
L’ipoteca di questo voto, del capitale politico investito su Matteo Renzi è enorme, perchè non solo adesso ha una scorta di voto politico popolare, ma anche perché ha oggettivamente una forza politica di imposizione della sua agenda politica a chiunque.
Su di lui quindi onore ma anche onere di mettere a reddito un credito così vasto, a cominciare dal rinnovamento della segreteria e dalla ricezione al governo delle priorità delle persone.
Qualche problema da gestire anche internamente, con molti candidati eccellenti non eletti e alcune regioni importanti non rappresentate all’europarlamento.
Tra queste priorità la sfida politica vera: recepire quei contenuti comunque forti che sono la parte costruttiva e il carburante del M5S: la richiesta di un maggiore rigore morale, maggiore sobrietà della politica, ridurre la sua ingombranza nell’economia e nella società. Questi temi restano, nonostante ed oltre Grillo, e dovrebbero essere “i temi” sociali del Pd, di cui oggi compete, con determinazione, farsi carico prioritario.
Il M5S
Beppe Grillo paga la sua arrogante presunzione di asfaltare, annientare, abbattere, fare fuori.
La campagna elettorale l’ha fatta lui. Lui ha scelto i temi e i toni. Lui ha sfidato e replicato.
Ha perso il consenso sostanzialmente di tutti coloro che volevano – come sempre in Italia – un’opposizione costruttiva, fattiva, concreta.
Il suo obiettivo era “un deputato più del pd”, talvolta corretto con “un voto più del pd”.
È riuscito invece in un record assoluto: essere letteralmente doppiato, come numero di voti e come percentuali.
Grillo, in estrema sintesi, fa tutto da solo, anche se probabilmente anche stavolta darà la colpa agli altri: i poteri forti, la stampa di regime, la casta.
Se però volesse sapere “esattamente” dove ha perso, è emblematico un minipost che ha campeggiato per due giorni sul suo blog, a firma di “Nik il nero” (che poi basterebbe dire chi è per avere un’idea chiara) dal titolo “rimedi contro la peste rossa” che recitava…
“- Mi scusi dottore, ho delle macchie rosse sulla pelle a forma di PD.
– Trattasi sicuramente di peste rossa
– Oh dio dio dio…
– Che trasmissioni ha guardato in questi giorni?
– Allora, Ballarò… Piazza Pulita… Announo
– Chi era ospite in queste trasmissioni?
– A Ballarò c’era Renzi, a Piazza Pulita Renzi, ad Announo… Renzi…
– Mmmm…
– Cosa posso fare?
– La cura consiste in una leggera dieta. La mattina appena si sveglia mi guarda un video di Paola Taverna, tre massimo cinque minuti. A mezzogiorno 5-7 minuti di Di Battista in piazza. A metà pomeriggio mi guarda un Giarrusso, per non più di 2 minuti, che quello è tosto. La sera prima di coricarsi 6 minuti di Di Maio. E poi la settimana prossima aumentiamo le dosi e cambiamo i farmaci. Va bene?
– Sì!
– Mi stia bene, e mi raccomando non accenda più la televisione. Se proprio vuole vedere la televisione, guardi un documentario o un bel film…”
E però… Grillo non crolla. A questi temi e toni e parole credono ben 6milioni di italiani.
Nonostante tutto perde “solo” circa 6 punti percentuali, intercettando gran parte del voto di centro destra, che lo ha visto come unico argine e alternativa al Pd.
Forza Italia
È il vero vulnus di questo paese. L’anomalia per cui il popolo di centro destra – socialmente numeroso – non rappresentato da nessun leader, e, peggio, senza una speranza di breve termine di trovare una vera nuova classe dirigente credibile.
Certo, qualcuno citerà un discreto astensionismo, e qualcun altro darà la colpa all’assenza di Berlusconi per colpa della magistratura rossa e politicizzata. Forse – e anche questa è una riflessione da fare in casa – anche questa è una litania che ha stancato anche i più garantisti tra i moderati italiani, e la ferita delle primarie interne abortite per volontà del capo si fa sentire oggi più che ieri.
Un paese davvero democratico – nel sentire più che nelle forme – non considera un bene questa vacatio, non tanto di leadership seria e credibile, quanto di rappresentanza politica.
Tsipras
È la vera novità europea nella capacità di coesione di una certa idea di Europa e anche di comunicazione politica. In Italia ha il pregio di dare ospitalità a una sinistra che era stata tagliata fuori dalle logiche parlamentari (oltre Sel).
La quantifica e qualifica. Un qualcosa di cui c’è – sempre – bisogno.
E tutavia misura anche che l’Italia ormai è polarizzata, e oltre le ideologie vuole convergere su chi è capace di catalizzare davvero un consenso “utile” il giorno dopo il voto.
Scelta Civica polverizzata, e questo è un bene di sistema che elimina una anomalia che non ha ragione di esistere in questo sistema. Mentre la brutta notizia è che non passi di un soffio Fratelli d’Italia: l’alter ego di tsipras nel centro destra, che lascia orfani di rappresentanza circa un milione di elettori.
Infine, queste sono le vere elezioni in cui, dopo un trend in continua ascesa che è stato spesso sottovalutato o gestito con improvvisazione, il web conta, sposta opinione, indirizza.
Lo fa nella maniera più appropriata: non restando nel suo spazio, ma diventando “fonte della notizia” e luogo da cui attingere commenti, dichiarazioni, sintesi, temi e, perché no, anche gaffe, errori, limiti.
Da qui al prossimo voto, qualsiasi sia, c’è del tempo: il web non è improvvisazione, non è un pezzo dell’ufficio stampa, non è un “male necessario” che devi avere a tutti i costi. In cifre il 62% delle notizie dei giornali e delle trasmissioni televisive è stato discusso e commentato in rete e in particolare sui social network. Il 65% delle notizie di giornali e tv è stato “preso” dalla rete.
Il 75% degli elettori indecisi si è orientato “per il passaparola di parenti e amici”, l’88% dei quali era presente e attivo in rete.
La televisione è sempre prima come mezzo per far conoscere il candidato al grande pubblico, ma il coinvolgimento si sostenitori e attivisti viene organizzato altrove, e sempre meno nelle sezioni di partito.