E adesso tocca a noi. E’ il momento per i cittadini italiani di recarsi alle urne per dire quel che pensano di questa Unione, ma per dirlo con la testa, non con la pancia. Ci offre un motivo in più per andare ai seggi il terribile attentato di ieri a Bruxelles, che sarebbe una cosa spaventosa in ogni caso ma che diventa mostruosa, indicibile, perché a quanto pare è stato un attacco voluto ad una delle comunità che fanno parte del nostro mondo. Una di quelle più perseguitate da secoli, non da sempre, in Europa. Quella che ha pagato di più il fatto di essere indicata come “diversa”.
Noi elettori oggi abbiamo la possibilità di dire che questi fatti sono intollerabili, insopportabili. E’ una cosa ovvia, ma fa bene ripetersela sempre, non viene a noia e a forza di ripeterla potremo anche insegnarla ai nostri figli. Andando a votare abbiamo anche la possibilità di dire che non vogliamo nemmeno chi queste mani arma, per quieto vivere, per insipienza, o perché non sa qual è il valore della parola, e dunque lascia che la si sputi fuori della bocca come se fosse solo un mezzo come un altro per attirare attenzione. O i voti. Le parole che si scelgono, che si usano o si lasciano usare sono importanti, producono degli effetti, sempre.
Capita a molti di scherzare sulle tragedie di altri, anche in buona fede, anche a persone che ritengono di avere e che sovente hanno una sana coscienza democratica. Può essere solo un fatto di ignoranza, più gravemente nelle persone istruite può essere un fatto di irresponsabilità, di superficialità. Succede di pensare, anche in buona fede, che su alcuni fatti o alcune persone si possa dire almeno in privato quel che si vuole. Qualcuno però anche in pubblico usa frasi, parole, esprime addirittura teoremi senza alcun riguardo a chi quelle parole possono ferire o a chi quelle parole possono suonare come un incitamento ad agire.
Non fermare, quando se ne ha la responsabilità politica o di ordine pubblico, una deriva verbale nella quale ogni parola la si vuol credere uguale ad un’altra, mentre così non è, è un crimine. Perché le parole oltre ad avere un peso hanno anche una storia, una loro vita. E allora c’è chi, spesso per ignoranza o debolezza, può prendere quelle parole e trasformarle in confusa azione, che poi in questo contesto è, come tutti gli atti di terrorismo, solo gesto inutile e malvagio, espressione di menti modeste, che non sanno vedere e non sanno capire. Persone che uccidono, in fondo, per il gusto di farlo, per il piacere di sentirsi, da comparse che ritengono di essere, dei dominatori. Ma l’unica cosa che riescono fare è rubare la vita a degli innocenti, in una impari lotta contro chi li ignora e neanche pensa a difendersi.
Anche su questo possiamo esprimerci oggi, per chiedere una società, una politica, un’istruzione, un’economia che portino benefici a tutti, che comprendano tutti, che non siano per dividere, per privilegiare, per condannare, ma per unire, per redistribuire, per ammettere. Dobbiamo pretenderlo, e il momento del voto, in una società democratica, è quello nel quale tocca a noi. Non possiamo tirarci indietro, l’Europa è anche questo.
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