L’onda populista se parte, parte bassa. C’è, nel senso che nei primi paesi nei quali si è votato (poco) i partiti populisti esistono, ma restano forze marginali. Per ora il mare è increspato, ma non è mosso da nessun turbine.
Il fiasco più evidente, secondo gli exit poll per le elezioni europee, è stato in Olanda, dove il partito della destra populista di Geert Wilders ha registrato un netto calo di consensi al voto europeo di ieri: secondo gli exit poll Ipsos diffusi dalla tv pubblica olandese, il partito Nos avrebbe raccolto il 12,7% dei voti (con un pesante calo del 4,3%) attestandosi al terzo posto (o al quarto dopo i liberali del premier Rutte) certamente dopo i cristiano-democratici e alla sinistra liberale, entrambi in calo ma attorno al 15%. Gli olandesi eleggono 26 eurodeputati: se gli exit poll saranno confermati, Wilders perderà due dei suoi cinque. La partecipazione al voto è stata del 37%, appena superiore al 36,7 del 2009.
E’ andata, in fondo male anche all’Ukip di Nigel Farage. Nessun risultato o previsione è stato diffuso sulle europee, ma alle elezioni comunali che si sono svolte ieri la delusione è malcelata. Il partito nazionalista è riuscito, sembra, a raggiungere i 100 consiglieri comunali nelle varie città dove si è votato, è questo era un primo obiettivo e un successo, ma non sono riusciti a prendere nemmeno un sindaco. Secondo gli ultimi dati il risultato positivo è stato dei Laburisti avrebbero avuto circa 1.330 consiglieri, aumentando di un centinaio; i coservatori ne hanno persi altrettanti fermandosi a 1.123, i liberali sono anche loro calati di un centinaio arrivando a un modesto bottino di 325 consiglieri e l’Ukip sarebbe appena sopra i 100 con una crescita di una ottantina di seggi. Anche qui si sono recati al voto il 37% degli elettori.
Oggi tocca a Irlanda e Repubblica Ceca, sabato a Malta, Lettonia e Slovacchia e domenica tutti gli altri Paesi, con l’Italia che sarà l’ultima a chiudere i seggi, alle 23.