C’è l’accordo politico per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie attraverso cooperazione rafforzata, il meccanismo che consente di aggirare l’ostacolo dell’obbligo di unanimità nelle materia economiche e fiscali. Gli undici stati membri intenzionati a istituire la cosiddetta Tobin tax sono Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Il testo redatto ruota attorno a quattro punti: introduzione graduale della tassa, che si applicherà ad azioni e ad “alcuni” derivati (restano esclusi titoli obbligazionari), studio di soluzioni tecnico-giuridiche al fine di rispondere alle preoccupazioni dei paesi non partecipanti, imposizione della tassa armonizzata “al più tardi l’1 gennaio 2016” con la possibilità di indicare un’altra data, possibilità per i paesi partecipanti di tassare a titolo esclusivamente nazionale altri elementi diversi da azioni e derivati. Le aliquote imponibili restano ferme allo 0,1% per i titoli azionari e allo 0,01% per i derivati, ma nell’ottica dell’introduzione graduale le aliquote potrebbero aumentare nel tempo. Il documento è stato sottoscritto da dieci paesi. Manca la firma della Slovenia, “per via della situazione politica interna del momento”, sottolinea il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. La premier Alenka Bratusek si è dimessa, e il paese andrà a elezioni anticipate.
Regno Unito e Svezia sono fortemente contrari all’iniziativa. “Nella proposta, che abbiamo ricevuto solo cinque minuti fa, non c’è nulla sull’extra-territorialità”, critica il ministro dell’Economia britannico George Osborne. “Non si spiega neanche quali derivati saranno tassati, eppure questo è un mercato significativo”. Il Regno Unito non vuole che la tassa sulle transazioni finanziarie abbia impatti sull’economia britannica (cosa che potrebbe avvenire se la Ftt si applicasse a entrambi i contraenti e non solo agli emittenti azioni e derivati). Inoltre, rileva Osborne, “la Bei ha rilevato che l’attuazione della tassa proposta aumenterebbe il costo del credito fino a 1,6 miliardi di euro, rendendo impossibile finanziare grandi progetti”. Il Regno Unito è quindi pronto a bloccare il processo. “Non esiteremo a impugnare una decisione che danneggia paesi e mercati”, minaccia Osborne. Sulla stessa linea il ministro delle Finanze svedese, Anders Borg. “L’onere della prova della cooperazione rafforzata deve ricadere sui paesi vogliono ricorrervi”. Tradotto: la Tobin tax dovrà valere solo per gli undici paesi che la vogliono. “Ieri e oggi abbiamo parlato delle previsioni economiche della Commissione e di crescita: una tassa come quella proposta va contro lo stimolo della crescita”, e la Svezia, sottolinea il ministro, è pronta a puntare i piedi: “Non eravamo con il Regno Unito quando il Regno Unito ha fatto ricorso alla Corte di giustizia, ma adesso la nostra posizione è vicina alla loro”. Anche la Svezia è pronta a impugnare il testo, il messaggio di Borg. “E’ impossibile capire quale sarà l’impatto della tassa e questo è inconcepibile”, la reazione del ministro delle Finanze danese, Marghreta Verstager. Anche Jeroen Dijsselblom, ministro delle Finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo, è “sconcertato” per l’assenza di dettagli. “E’ diritto degli undici paesi membri fare pressione per cambiare le cose, e noi potremmo unirci a questo gruppo, ma a certe condizioni”. Tuttavia, lamenta Dijsselbloem, “dopo un anno abbiamo ricevuto informazioni limitate e il documento di oggi ci dice molto poco”. Contraria anche l’Ungheria, mentre Malta si dice “interessata” all’iniziativa ma prima di prendere una decisione il paese vuole avere i dettagli e capire meglio come funzionerà la tassa. Rassicurazioni arrivano dalla Commissione europea. “La nostra proposta per la tassa sulle transazioni finanziarie rispetta il principio della non extraterritorialità”, ricorda il responsabile per la Fiscalità e l’unione doganale, Algirdas Semeta. In definitiva l’Ecofin di oggi segna la volontà politica di andare avanti, ma la Tobin tax dovrà essere sviluppata e definita meglio nei prossimi mesi. “C’è accordo per trovare risultati concreti già da fine anno”, precisa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.