Si parla di Genova, forse di uno scalo in Turchia. Si confrontano i prezzi per individuare la soluzione meno costosa. Ma non è su queste logiche che deve essere organizzato lo smantellamento del relitto della Costa Concordia. La rimozione dello scheletro del gigante del mare, che da oltre due anni giace nello specchio di mare davanti all’isola del Giglio preoccupa non poco le associazioni ambientaliste. Per questo l’Ong Shipbreaking Platform, che riunisce 19 organizzazioni impegnate contro l’inquinamento e lo smaltimento pericoloso dei relitti navali (tra cui le italiane Legambiente, Greenpeace e Wwf Italia) hanno scritto una lettera al ministro dell’Ambiente italiano per chiedere uno smaltimento sicuro e pulito.
All’esecutivo italiano si chiede, per prima cosa, di garantire che sia scelto il porto più adatto per le operazioni di smantellamento e cioè il più vicino possibile, così da limitare al minimo il rilascio di acqua inquinata in mare che potrebbe contaminare anche aree protette. Portando la nave fino a Genova si potrebbe ad esempio rischiare di danneggiare il Santuario Pelagos, il “santuario per i mammiferi marini”, area protetta che occupa una parte di superficie marina tra le regioni Liguria, Sardegna e Toscana.
La scelta del porto, chiede l’Ong, deve essere fatta sulla base di una Valutazione di impatto ambientale, il cui risultato deve essere reso pubblico. La Via, sostengono le associazioni, deve essere condotta sulla base dei principi di prossimità e autosufficienza, che sono alla base della legislazione Ue sui rifiuti.
La prima preoccupazione deve dunque essere ambientale e non economica. “Il governo italiano – sottolinea Patrizia Heidegger, direttore esecutivo di Shipbreaking Platform – deve chiedere le migliori tecniche possibili per ridurre il rischio ambientale durante il traino e il processo di smantellamento. La minimizzazione del rischio – insiste Heidegger – non può essere subordinata a interessi finanziari o di altra natura ed è responsabilità del Governo evitare danni all’ambiente e alla salute pubblica”.
L’impianto scelto, chiedono ancora gli ambientalisti, dovrà rispettare tutte le leggi, sia italiane che europee, sulla gestione dei rifiuti e la tutela ambientale e lo stesso ministero dell’ambiente italiano dovrà farsi carico di monitorare che la compagnia incaricata di smantellare la Concordia garantisca il rispetto dell’ambiente e della salute pubblica durante tutte le operazioni di rimozione, inclusi il trattamento, il trasporto e lo smaltimento di tutti i rifiuti pericolosi che saranno prodotti.