L’ultimo, grande, allargamento dell’Unione europea ha sancito un passaggio storico verso un’integrazione sempre maggiore tra i Paesi facenti parte dell’UE e ha offerto agli ex-Stati membri dell’Unione Sovietica una prospettiva di crescita e di sviluppo comune.
A dieci anni da questo importante momento, l’Unione si trova al centro di un acceso dibattito spinto da due forze motrici opposte: da un lato pericolosi tsunami scissionisti fondati su messaggi di populismo a fini elettorali, dall’altro il sogno di raggiungere l’Europa, così come immaginata dai padri fondatori, che arriva a concretizzarsi perfino nel sacrificio di vite umane, così come accaduto in occasione delle recenti manifestazioni in Ucraina. Queste due forze rappresentano il bivio posto oggi dinanzi all’Unione europea e, ancor di più, ai suoi cittadini. Tornare indietro ad una frammentazione politica nazionale, per il semplice tentativo di parlare alla pancia dell’elettorato, stimolandone le paure in un momento di forte crisi economica, significa regressione. Significa non poter essere competitivi dinanzi alle grandi ed emergenti potenze mondiali. Significa rinunciare ai benefici che l’Unione europea ci ha portato in questi anni: dalla semplificazione delle trattative commerciali dovute al Mercato Interno, al sostegno all’agricoltura, alla ricerca e alla tutela dei consumatori, alla pace duratura dopo secoli di guerre, fino all’abbattimento dei costi per la telefonia mobile e l’elettricità. Tornare a pensare il proprio futuro in ottica unicamente nazionale, significa ignorare tutto questo.
D’altro canto non tutto è stato positivo. L’Europa, negli anni della crisi economica, non è riuscita ad imprimere una volontà politica che potesse mettere in atto le ricette per uscire dal periodo di recessione, occupandosi più del rigore e del controllo dei conti invece che della crescita e dello sviluppo.
Dobbiamo quindi lavorare per un’Europa migliore, un’Europa politica e non soltanto economica, per un’Europa dei popoli e per i popoli, che possa nuovamente restituirci un ruolo da protagonisti nel palcoscenico mondiale.
I cittadini europei e le istituzioni che li rappresentano, dovranno tornare a costruire una nave più sicura, capace di accogliere ma, al tempo stesso, di far rispettare le regole ed equilibrare le scelte di tutti i membri del proprio equipaggio. Infine, anche in Italia abbiamo bisogno di più Europa: di una UE che non sia più quella dei burocrati, ma quella delle opportunità per le imprese, per i giovani e le famiglie. Se l’Ue riuscirà a coinvolgere nuovamente i cittadini in questo suo percorso, potremmo considerarlo il più grande “allargamento” dell’Europa dall’inizio della crisi economica per rinnovare la loro fiducia nelle istituzioni comunitarie.
Giovanni La Via, capo delegazione Nuovo Centro Destra al Parlamento europeo