Sono passate solo poche ore dal dibattito di ieri sera eppure il secondo confronto a quattro tra i candidati europei si svolge in un’atmosfera e con un ritmo totalmente diversi. Merito anche dei bravi giornalisti della rete di radio europee EuranetPlus che hanno fatto domande più stringenti, hanno fatto notare ai candidati quando erano troppo vaghi o non rispondevano, li hanno lasciati parlare (senza esagerare) e anche litigare e stuzzicarsi un po’, rendendo così la discussione più animata e avvincente.
Il socialista Martin Schulz è arrivato più carico di ieri all’appuntamento e questa volta ha saputo tenere testa a un comunque strabordante Guy Verhofstadt, che ancora una volta ha dimostrato di essere molto più a suo agio davanti alle telecamere e nei confronti diretti con gli avversari che non ha mai perso l’occasione di contraddire e criticare. Anche Ska Keller è stata più concreta anche se continua a scontare la minore esperienza politica che si nota quando le discussioni diventano stringenti. Sempre in difficoltà Jean-Claude Juncker che non riesce proprio a padroneggiare lo strumento del confronto televisivo, non è incisivo negli interventi e non riesce a reggere il battibecco neanche un po’. La sua fortuna è che questi dibattiti secondo i sondaggi non spostano voti e il consenso in Europa nei confronti dei partiti che lo sostengono lo porterà comunque, sempre secondo i sondaggi, ad ottenere la maggioranza relativa dei voti.
Più decisa a ritagliarsi il ruolo della paladina dell’Europa Sociale, giocando anche sull’assenza del candidato della Sinistra unita Alexis Tsipras, Keller si è mostrata combattiva nelle sue argomentazioni a favore di una “maggiore spesa pubblica per rilanciare la crescita” contro i profeti dell’austerità, di un’Europa in cui le banche non “incassino i soldi pubblici dei piani di salvataggio e poi mandino le persone per strada come sta avvenendo in Spagna”, dell’Europa che deve puntare “sull’economia verde per rilanciare la sua crescita”, qui, ancora come ieri, si è tenuta però troppo sul vago però rischiando di dare l’impressione di parlare solo per slogan. Come è stata troppo vaga nel parlare dell’importanza di puntare in futuro sulle energie rinnovabili, dove si è addirittura fatta rubare la scena da Schulz.
Il tedesco, provocato da Verhofstadt che accusava la Germania di ipocrisia sul nucleare che compra dalla Francia, ha invece affermato con orgoglio: “La Germania è il Paese più industrializzato d’Europa eppure ha messo in moto un piano credibile per azzerare nel prossimo futuro del tutto la dipendenza energetica dal nucleare decidendo di fermare tutte le sue centrali e puntare innanzitutto sulle rinnovabili. Se lo può fare la Germania lo può fare anche l’Europa nel suo insieme”. Schulz ha poi insistito sui vantaggi dell’Unione bancaria, che deve fare in modo che “non succeda mai più che i contribuenti debbano pagare per gli errori delle banche”, e rivendicando che “grazie al sistema che abbiamo votato in Parlamento in futuro saranno le banche a pagare per i loro errori”.
Sul punto però Verhofstadt è stato più incisivo. Alla giornalista che gli chiedeva di rispondere a quei cittadini che in piazza gridano slogan contro l’Europa che salva le banche e tartassa i cittadini ha risposto molto animatamente: “Hanno ragione a protestare ma sbagliano il bersaglio. Sono stati i governi nazionali a salvare le Banche, non Bruxelles. L’Europa ha messo in pedi degli strumenti che faranno in modo che ciò in futuro non accada più. Gli euroscettici questo dovrebbero tenere in mente”. Il liberale ha anche detto di essere favorevole agli eurobond “ma solo per i Paesi che tengono i conti in ordine”, anche qui scavalcando Schulz che si trova nell’imbarazzo di trovarsi d’accordo con Juncker nella contrarietà al provvedimento. Il liberale ha anche parlato di legare i prestiti della Bce alle banche private al fatto che “queste reinvestano i propri soldi nell’economia reale e nello specifico nelle Pmi”.
Juncker anche oggi non ha mostrato un grande smalto anche se stavolta ha reagito un paio di volte in maniera energica agli attacchi di Keller e Verhofstadt, prima dicendo “non confondetemi con il Fondo monetario internazionale, io sono a favore della solidarietà accompagnata alle riforme. Non certo di una cieca austerità”, e poi nel rispondere alle accuse del liberale che gli ricordava come la finanza sia piuttosto potente nel suo Lussemburgo anche grazie al segreto bancario, con Juncker che ha rivendicato di “essere stato il premier che ha posto fine al segreto sui conti del Paese”. Una cosa di cui “per correttezza e onestà” gli ha dato atto anche Schulz. In realtà entrambe le affermazioni sono in parte vere in quanto fu effettivamente Juncker a porre fine al segreto bancario del Lussemburgo, ma solo perché aveva ceduto dopo lunghissime resistenze.