Bruxelles studia come cambiare le norme in materia di acquisto e possesso legale. Protestano gli utilizzatori di armi civili: “Si combatta il traffico illecito”
Sull’obiettivo è impossibile discutere: “Proteggere i cittadini e smantellare il traffico illecito” di armi da fuoco. Così si intitola la comunicazione adottata dalla Commissione europea lo scorso ottobre per ridurre i reati commessi in Europa. Ma sui contenuti di quel compendio di “suggerimenti” con cui l’esecutivo Ue propone di mettere in campo un’azione più decisa sul tema, si sono scatenate non poche polemiche. A scendere in campo è in particolare chi con le armi da fuoco legali fa sport o lavora ogni giorno, come cacciatori, tiratori sportivi e commercianti di armi civili, che in occasione della tavola rotonda sulle armi da fuoco legali, organizzata al Parlamento europeo, hanno fatto sentire la loro voce.
A livello europeo già esiste una Direttiva sulle armi da fuoco, adottata nel 1991 ma profondamente emendata e modificata nel 2008. Uno strumento recente, non ancora trasposto correttamente nelle legislazioni nazionali da tutti gli Stati membri. Questo è un primo motivo di perplessità tra gli addetti ai lavori. “La direttiva riflette un largo consenso politico” ed è “il sistema più rigoroso e più efficace del mondo”, fa notare Yves Gollety, Presidente di Aecac (Associazione europea dei commercianti di armi civili). “Bisognerebbe lasciare agli Stati membri il tempo di adattarsi alla nuova direttiva invece di modificarla di nuovo”, chiede ricordando che ad esempio in Francia l’applicazione della direttiva risale a luglio 2013.
Ma le perplessità sono anche nel merito della comunicazione della Commissione Ue. A suscitare le proteste della Face (Federazione europea delle associazioni di caccia europee) è soprattutto una delle motivazioni con cui l’esecutivo Ue sostiene la necessità di un cambiamento nella regolamentazione: “Le armi detenute legalmente nell’Ue continuano ad alimentare il mercato illegale”. Inaccettabile, protesta la Federazione, parlare di un nesso tra possesso legittimo e uso illegittimo. La Commissione dichiara che i criminali possono acquistare armi negli Stati membri in cui la normativa è più debole dimenticando che “l’acquisto o la detenzione di armi è già strettamente regolamentato nell’Ue”, spiega Filippo Segato, segretario generale della Face. “I detentori di armi da fuoco legali come i cacciatori – ricorda – sono sottomessi a numerosi controlli rigorosi e non alimentano il mercato illecito delle armi da fuoco. Se la Commissaria Malmstrom vuole migliorare la nostra sicurezza – continua – dovrebbe concentrarsi sulla lotta alle organizzazioni criminali piuttosto che sprecare risorse pubbliche e complicare la vita” a chi possiede armi legalmente.
Secondo la comunicazione pubblicata dall’esecutivo Ue, poi, c’è il rischio che le armi da fuoco disattivate (rese cioè inservibili per chi le conserva come collezionista) siano riattivate. In questo senso, continua la Face, piuttosto che rivedere la direttiva sulle armi da fuoco occorre semplicemente assicurarsi che gli Stati membri rispettino le disposizioni esistenti e giuridicamente vincolanti.
La comunicazione della Commissione presenta una serie di suggerimenti tra cui ad esempio un approccio comune su come contrassegnare le armi da fuoco, norme minime comuni sulle sanzioni penali per i trafficanti, limitazioni da imporre per il possesso delle armi più pericolose. Idee che saranno comunque discusse con Parlamento, Stati membri e soggetti interessati per poi valutare come agire, eventualmente anche con un’azione legislativa. Di sicuro la direttiva non sarà modificata domani. “Vogliamo allargare il dibattito, non vogliamo anticipare niente sulle conclusioni finali” spiega Fabio Marini, responsabile della task force della Commissione europea sulle armi da fuoco: “Abbiamo lanciato due studi – spiega Marini – sarà un processo molto lungo che durerà almeno tutto l’anno. In termini tecnici non abbiamo adottato ancora nulla”. L’idea, continua il funzionario, è “capire dove si situano le migliori pratiche in Europa e su queste basi realizzare una valutazione approfondita su come agire”.
Letizia Pascale