Tempo di elezioni, tempo di classifiche. Impazzano, sopratutto in Italia, articoli e commenti basati su quante volte gli eurodeputati italiani hanno partecipato alle votazioni in Aula a Strasburgo, a come si piazzano in questa classifica tra loro e come si confrontano con i colleghi di altri Paesi. E’ un po’ come calcolare la produttività di un cardiochirurgo che fa i trapianti di cuore con gli stessi criteri usati per il medico di turno alle visite ambulatoriali: una sola operazione del primo richiede magari 12 ore, mentre il secondo in un’ora visita dodici pazienti.
Mi dicevano a scuola, da piccolo, che non si possono contare le mele con le pere; ed è vero, come si sa. Ad esempio nel misurare il lavoro parlamentare. In Italia quante classifiche avete visto nelle quali si raccontano le presenze di qualche deputato o senatore? Occasionalmente se ne dice qualcosa, magari se salta all’occhio qualcuno che non si presenta mai viene stigmatizzato, ma quello non è il metro di giudizio dell’attività politica e istituzionale. Anzi, oso dire che chi sta in Aula a votare non è necessariamente quello che svolge la maggior mole di lavoro per l’Assemblea. Arrivo anche a sostenere che essere in Aula a votare quando i provvedimenti al voto sono “senza storia” se non c’è confronto o tensione, può anche essere una perdita di tempo.
Altrimenti dovremmo riconoscere che Iva Zanicchi ha lavorato più, ma soprattutto meglio, di Roberto Gualtieri. Sto andando, volutamente, a memoria. Della brava cantante ora in politica non ricordo un solo atto politico durante questa legislatura. Ricordo che ha cantato in un paio di occasioni sociali qui a Bruxelles, ma non ricordo una sola presa di posizione o una relazione o una qualsiasi iniziativa. Roberto Gualtieri, che, preciso, personalmente ho incontrato solo una volta di sfuggita ad una cena con decine di altre persone, ha invece riempito le pagine dei giornali: si è occupato di dossier qualificanti per questa legislatura, come quelli sulle questioni economiche legate alla crisi o l’organizzazione del Servizio esterno. Insomma, lascerà una traccia evidente in questa legislatura. Eppure lui è 155° nella classifica delle presenze (posizione del tutto onorevole, vuol dire un 92,3% di voti) mentre Zanicchi è al numero 89, con il 94,31% delle presenze. Essere presenti porta anche qualche soldo in più, se si è presenti al sotto del 50% delle votazioni, come ad esempio Ciriaco De Mita, si perde addirittura l’indennità di trasferta. Ma un deputato che passa la sua legislatura seduto in Aula a votare (se poi lo fa sempre o quasi seguendo le direttive del gruppo) non è più utile di un picchio al quale si insegna a pigiare su un bottone. Il deputato che invece concorre a formare il testo che si vota pigiando su quel bottone ha svolto invece un compito decisamente più influente.
Poi è vero, i deputati italiani hanno un livello complessivo di presenza piuttosto basso, presi complessivamente, senza verificare dunque la qualità del lavoro svolto, sono al ventiquattresimo posto sui ventotto paesi. E questa non dovrebbe essere una sorpresa, se i candidati vengono scelti ( a sinistra e a destra) in base a principi che nulla hanno a che fare con la conoscenza delle questioni europee, ma solo perché sono portatori di voti o vecchi potenti ai quali non si vuol dire di no. La classifica italiana è sconfortante, sì ma stiamo attenti a non fare del qualunquismo, chiediamo ai partiti che sono ancora in tempo di verificare bene chi hanno scelto di candidare, perché poi non si cada dal pero quando si scopre che in Europa contiamo poco (anche qui, come paese, ma non come singole personalità, che non meritano di essere buttate nel calderone degli assenteisti).