Qualcuno ricordi all’Italia che da quasi un anno nell’Ue c’è anche la Croazia, e con essa i suoi lavoratori. Proprio così: il paese balcanico ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea l’1 luglio dello scorso anno, ma il Belpaese sembra esserne dimenticato e non ancora adeguato il proprio ordinamento per ospitare i lavoratori provenienti dallo Stato membro. Il ‘reminder’ arriva dalla Commissione europea che, all’interno del pacchetto mensile di infrazioni, inviato un parere motivato per chiedere di “dare piena attuazione” alle direttive che adeguano le norme in materia di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi a motivo dell’adesione della Croazia. In particolare si chiede di attuare la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, la direttiva intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati e la direttiva relativa all’attuazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi nel settore delle attività non salariate e delle attività di intermediari attinenti al commercio ed alla distribuzione dei prodotti tossici. Gli Stati membri, ricorda l’esecutivo comunitario, erano chiamati ad adottare e a pubblicare, “entro la data di adesione della Croazia all’Unione” e quindi entro l’1 luglio 2013, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle direttive in questione. Inoltre gli allora ventisette erano tenuti a comunicare immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. L’Italia non ha fatto né l’una nell’altra cosa, e quindi ora dovrà fornire una risposta “soddisfacente” entro due mesi per evitare un eventuale deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
La Commissione sollecita inoltre l’Italia a recepire la direttiva sulla sicurezza dei medicinali. La direttiva sulla farmacovigilanza stabilisce le disposizioni per il monitoraggio della sicurezza dei medicinali sul mercato europeo e detta norme per la prevenzione, l’individuazione e la valutazione degli effetti collaterali negativi dei medicinali. C’era tempo fino al 28 ottobre 2013 per inserire la norma comunitaria nell’ordinamento nazionale, ma l’Italia è in ritardo. Anche in questo caso si configura un rischio deferimento alla Corte in caso di inazione. Il terzo parere motivato l’Italia lo riceve per una poco efficace politica di tutela ambientale. La Commissione chiede al nostro paese di “rafforzare” la protezione di una vasta foresta di querce che fa parte di Natura 2000, la rete di aree naturali protette dell’Ue. Si tratta della foresta di Cascina Tre Pini (Varese), che – rilevano a Bruxelles – “versa notoriamente in condizioni deplorevoli”. Un fatto che desta “preoccupazioni” anche per via del fatto che la foresta si trova all’interno di una zona speciale di conservazione. Nel 2012 è stato avviato un procedimento di infrazione in merito e, anche se l’Italia ha presentato un progetto di piano di gestione per il sito, non sono stati adottati piani né misure per rafforzare lo stato di protezione dell’area. La Commissione – si legge nelle motivazioni che accompagnano la decisione – “non è convinta che le misure suggerite nel progetto di piano siano idonee a risolvere alla radice i problemi in essere, in particolare le emissioni atmosferiche provenienti dal vicino aeroporto milanese della Malpensa”.