Per alcuni in Europa il fantasma della deflazione è già realtà: sono ben otto i paesi membri dell’Ue a registrare un indice dei prezzi al consumo negativo, che cioè si abbassano invece di alzarsi. Stando ai dati Eurostat diffusi oggi, a marzo è stata deflazione per Bulgaria (-2%), Grecia, (-1,5%), Cipro (-0,9%), Portogallo (-0,4%), Svezia (-0,4%), Slovacchia (-0,2%), Spagna (-0,2%) e Croazia (-0,1%).
La sindrome dell’inflazione zero o negativa colpisce un po’ tutta l’Europa: a marzo l’Ue ha visto diminuire il proprio indice dei prezzi da 0,8% a 0,6% rispetto al mese precedente, mentre la Zona euro ha registrato un abbassamento dallo 0,7% di febbraio allo 0,5% di marzo. Ben otto paesi sono vicini, troppo, al primo gruppo che è già in deflazione, com un’inflazione minore della media comunitaria: si tratta di Lituania (0,4%), Irlanda, Italia, Lettonia e Repubblica ceca (tasso allo 0,3% in ognuno di questi paesi), Danimarca e Ungheria (0,2%) e Paesi Bassi (0,1%). Appena cinque gli stati europei con inflazione oltre la “soglia 0”, dunque quasi sana: Regno Unito (1,6%), Austria (1,4%), Malta (1,4%), Finlandia (1,3%) e Romania (1,3%). Rispetto al mese di febbraio, rileva l’Eurostat, “a marzo il tasso di inflazione annuo è calato in diciannove paesi membri”. Una sottolineatura che suona come ulteriore campanello d’allarme. Il pericolo deflazionistico c’è, come ammesso recentemente dal vice presidente della Bce, Vitor Constancio. “Ci troviamo in una situazione preoccupante, perché – ha detto – la bassa inflazione potrebbe avere impatto negativo, specie per paesi con debiti elevati”, dato che aumenta il costo del servizio del debito (il valore reale degli interessi da pagare sul singolo titolo con il tempo aumenta anziché diminuire). Dunque meno soldi per fare investimenti, per lo stato sociale, per l’assistenza da parte dei governi, e meno soldi anche per le imprese ed economia che ristagna, con prezzi e dunque anche salari fermi.
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