Il portavoce di Fule duro contro il provvedimento che permette al governo di Ankara di chiudere i siti internet. “Il paese ha lo status di candidato e deve adeguarsi alle norme comunitarie”
“Questa legge è elemento di seria preoccupazione qui” a Bruxelles. La Commissione europea non gradisce le ultime iniziative legislative del parlamento turco, che nelle ultime ore ha approvato una legge che aumenta il controllo dello Stato sul web. Peter Stano, portavoce del commissario europeo per l’Allargamento, Stefan Fule, manda un messaggio chiaro ad Ankara: il provvedimento rischia di compromettere il processo di adesione del paese. “La Turchia è un paese candidato, e ogni modifica normativa – soprattutto nel campo dello stato di diritto e dell’ordinamento giudiziario – deve essere in linea con gli standard dell’Unione europea”. Un principio che per Stano non sarebbe rispettato dalla nuova legge. “Riteniamo che questa legge introduca serie limitazioni delle libertà di espressione.
Nelle ultime ore il parlamento turco ha approvato una legge che riconosce al governo il potere di chiudere una pagina web – qualora su questa siano pubblicati contenuti ritenuti offensivi – senza aspettare un’eventuale decisione della magistratura. Il server che ospita la pagina web finita nel mirino del governo dovrà oscurarla entro quattro ore. Inoltre le aziende che ospitano i siti internet dovranno aderire a un nuovo organismo, “l’Unione dei provider”, sottoposto al controllo del ministero delle Telecomunicazioni , mentre il dicastero dei Trasporti terrà una banca dati delle pagine visitate da tutti gli utenti turchi negli ultimi due anni. La proposta ha suscitato prooccupazione di ong e dell’opposizione turca, a cui oggi si aggiunge quella dell’Unione europea che, a giudicare dalle parole del portavoce di Fule, è pronta a reagire. In Turchia, dice Stano, “è importante che ci sia consenso sugli impegni europei”. Tradotto: se la Turchia vuole entrare nell’Ue deve accettare regole e standard comunitari, altrimenti le porte di accesso si chiuderanno. E la legge appena approvata rischia di condurre Ankara verso quest’ultima direzione fermando un processo che si era rimesso in moto dopo cinque anni.
Emanuele Bonini
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