dall’inviato a Strasburgo Alfonso Bianchi
C’è chi, come Andrea Cavalcanti, ha potuto vedere suo figlio solo per 15 ore in tutto negli ultimi 5 anni, da quando cioè sua moglie è scappata in Slovacchia con il piccolo negandogli ogni diritto di visita, nonostante l’affido esclusivo sia stato dato al padre dal giudice italiano. E chi, come Marco Di Marco, da 609 giorni può vedere il suo di figlio solo saltuariamente e grazie a un intermediario dell’Unicef. Anche nel suo caso sua moglie ha lasciato l’Italia con il bambino e da allora è nata una disputa legale complicatissima.
Sono solo alcuni dei tanti casi del genere che alcuni genitori si trovano ad affrontare in tutta Europa quando in seguito a controversie transfrontaliere in materia matrimoniale e di affidamento dei minori. “Se vedo mio figlio è solo perché alcune volte mia moglie me lo concede grazie alla mediazione dell’Unicef. Ma molte volte sono andato fino in Slovacchia e lei non mi ha nemmeno aperto la porta. Per me rivolgermi alla polizia è stato del tutto inutile”, ci spiega Di Marco, uno dei genitori a cui sono stati sottratti i figli e che oggi sono venuti a Strasburgo per il lancio di una campagna voluta da Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea, e da Roberta Angelilli, vicepresidente del Parlamento di Strasburgo e Mediatore europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori.
“Il principale problema è quello del riconoscimento reciproco tra i giudici dei diversi Paesi, al momento non sempre si riconosce la sentenza emessa in un altro Stato, e questo non si può definire per legge”, afferma Reding secondo cui questa campagna informativa “sarà uno strumento per rendere le coppie consapevoli dei propri diritti in caso di sottrazione di minori”.
“Nell’Unione europea sono circa 16 milioni le coppie binazionali e ogni anno più di 310 mila nuove coppie di nazionalità diversa si sposano. 140 mila di questi matrimoni si concludono con separazioni o divorzi. L’incertezza del diritto applicabile e i conflitti di giurisdizione creano veri e propri conflitti le cui conseguenze negative ricadono sui figli minori contesi”, e così “il fenomeno della sottrazione internazionale di minori è in aumento e l’ufficio del Mediatore ha ricevuto solo negli ultimi 12 mesi 93 richieste di intervento, quasi due a settimana”, ha raccontato Angelilli.
Attualmente il regolamento Bruxelles II bis, in vigore dal primo marzo 2005, costituisce la pietra angolare della cooperazione giudiziaria europea in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale. Esso prevede norme comuni per risolvere i conflitti di competenza giurisdizionale tra gli Stati membri e , nei casi di sottrazione transfrontaliera di minori ad opera di un genitore, mette a disposizione una procedura per il ritorno del bambino al luogo della sua residenza abituale.
Ma ci sono diverse carenze nel quadro giuridico: manca una norma uniforme e completa sulla competenza giurisdizionale atta a coprire tutte le situazioni; alcune categorie di decisioni giuridiche devono ancora essere sottoposte a procedure lunghe e onerose prima di poter essere riconosciute in un altro paese dell’Ue; le decisioni emesse in altri Stati membri si rivelano spesso difficili da applicare a causa delle divergenze tra le norme procedurali degli Stati membri. Quello che serve è quindi un intervento normativo di Bruxelles. La Commissione europea nei prossimi 3 mesi avvierà una consultazione pubblica sull’applicazione delle norme vigenti per studiare le possibili soluzioni.
Reding ha chiesto a “cittadini, avvocati, magistrati, autorità nazionali e organizzazioni non governative interessate” di “esprimersi sul tipo di misure che l’Ue dovrebbe adottare per facilitare ulteriormente la vita alle coppie internazionali”. Per farlo si potrà collegarsi al sito http://ec.europa.eu/justice/newsroom/civil/opinion/140415_en.htm).
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