I lavoratori comunitari che si trasferiscono in un altro paese dell’UE potranno usufruire a pieno dei diritti pensionistici grazie a un progetto legislativo approvato dal Parlamento martedì. Il progetto legislativo deve ancora essere approvato formalmente dal Consiglio dei ministri.
“Il testo rappresenta un miglioramento effettivo per molti lavoratori. Si tratta di un grande passo avanti per la libera circolazione dei lavoratori e una spinta verso un’Europa sociale”, ha dichiarato la relatrice Ria Oomen-Ruijten (PPE, NL), che ha aggiunto: “Una buona pensione è una necessità, ora che gli europei possono aspettarsi di vivere molto più a lungo”.
Diritto a una pensione completa
Le attuali norme UE garantiscono che i lavoratori che si spostano in un altro paese dell’UE non perdano i loro diritti pensionistici obbligatori, cioè quelli forniti dallo Stato.
Tuttavia, non esistono norme comunitarie equiparabili per i regimi pensionistici integrativi, finanziati o co-finanziati dai datori di lavoro. Per tale motivo, i lavoratori che si spostano tra gli Stati membri rischiano oggi di perdere i loro diritti acquisiti, se il periodo temporale di residenza non è ritenuto sufficientemente lungo dallo Stato in cui si trasferiscono.
Un massimo di tre anni per qualificarsi
Secondo le nuove regole invece, tale “periodo di maturazione”, il periodo d’iscrizione attiva a un regime pensionistico necessario a una persona per mantenere i diritti pensionistici integrativi, non può superare i tre anni.
I deputati hanno inserito una clausola che prevede che i lavoratori frontalieri debbano beneficiare dello stesso livello di tutela. Gli Stati membri avranno quattro anni di tempo per trasporla nel diritto nazionale.
Prossime tappe
L’atto legislativo deve ora essere formalmente approvato dal Consiglio dei ministri.
Contesto
Un progetto di testo è stato presentato dalla Commissione nel 2005 e rivisto nel 2007. La prima lettura in Parlamento ha avuto lungo nel 2007. L’atto è stato poi bloccato in Consiglio per sei anni a causa delle differenze tra i regimi pensionistici degli Stati membri e la necessità di un voto unanime. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è entrata in vigore la maggioranza qualificata, permettendo così la ripresa dei negoziati e il raggiungimento dell’accordo confermato con questa votazione.