C’è una “enorme risorsa dormiente”, che giace quasi dimenticata nel ventre di un’Italia troppo impegnata nella “narrazione del suo declino”. Una risorsa fatta di “bellezza, cultura, del talento di noi italiani”. Ci siamo così abituati da darla ormai per scontata e lasciarla lì, bloccata. Ma ora è arrivato il momento di “rimuovere i blocchi” perché non possiamo permetterci di usarla così poco. Per Alessandro Baricco, può essere proprio la creatività a salvare l’Italia. Lo scrittore piemontese sbarca a Bruxelles e conquista i tanti (italiani e non) venuti ad accoglierlo all’Istituto di Cultura, con la sua idea di come rivoluzionare la cultura italiana.
Parla a braccio per quasi due ore, interagisce con il pubblico, prende critiche e complimenti. E descrive un’Italia che è “luogo ideale per studiare la creatività” e vero “formicaio di gente che innova, che pratica, che costruisce”. Ma questo fuori dai canali ufficiali, dove invece i progetti rimangono bloccati nell’immobilismo e nella palude della burocrazia: da noi “vince chi è più paziente. Ma che Paese è – si chiede Baricco – quello in cui vince il più paziente? Deve vincere il più visionario”.
Qualità che a lui certo non manca. Ormai ventuno anni fa, ancora 35enne, con un gruppo di amici ha fondato quella che oggi è una delle più famose scuole di narrazione d’Italia, la scuola Holden di Torino. Della scuola in senso tradizionale, a parte il nome, è rimasto davvero poco. Qui gli studenti si cimentano in tutte le possibili forme di narrazione: dalla scrittura al filmmaking, dal documentario alla narrazione crossmediale. Passando per metodi di insegnamento tutt’altro che convenzionali: nella enorme ex caserma riadattata a modernissimo istituto, gli studenti passano da Flaubert, allo studio dei supereroi della Marvel, alternando il tutto con “esperienze” nel mondo reale, perché per raccontare è essenziale vedere: dalla gita al macello, alle passeggiate in montagna, fino alle lezioni di baseball e cucina.
Una rivoluzione che potrebbe diventare sistema ed essere applicata al modo di fare cultura in Italia. “C’è da chiedersi come i ragazzi non diano fuoco alle loro scuole”, provoca lo scrittore, secondo cui bisognerebbe partire “cancellando la metà di quello che studiano i ragazzi oggi”. Perché, propone ad esempio Baricco, gli studenti non fanno creative writing invece dei temi? Perché a undici anni non imparano a montare i film? Perché spendiamo tutti questi soldi tra enti e fondazioni per l’opera lirica e quando spieghiamo il romanticismo a scuola non parliamo neanche di Verdi e Wagner? In questa “società in declino” c’è una “certezza nitida”: l’Italia dispone di una “grande energia e forza che abbiamo bloccato”. Per rimuovere i blocchi, l’unica strada è l’educazione, perché “l’educazione produce lavoro, il grande problema del nostro Paese”.
Motivo della visita a Bruxelles dello scrittore, per ora, non è tanto esportare il modello della Holden, quanto piuttosto importare studenti, anche dall’estero. Gli iscritti già stanno crescendo a vista d’occhio (lo scorso anno si è arrivati a 140) ma l’obiettivo sarebbe diventare punto di riferimento anche per ragazzi stranieri. Così dalla capitale d’Europa è partita una “grande marcia” che per ora porterà Baricco anche a Lugano, Lussemburgo e Barcellona.
Un biennio di corso alla Holden costa la bellezza di ventimila euro. Una pazzia di questi tempi? Di sicuro, ammette Baricco, ci vuole una sorta di “eroismo culturale”: quello nel settore della creatività “è un lavoro più friabile, non solo per quantità ma per tipologia”. Ma anche in una scuola di narrazione “bisogna entrare come in una scuola di business, pensando che con quel lavoro darai da mangiare ai tuoi figli. È una forma di igiene mentale, altrimenti il Paese non cambierà mai”.
Letizia Pascale