Laszlo Andor lancia la proposta di una piattaforma europea di cooperazione al sommerso. “Salvaguadare concorrenza leale, protezione dei lavoratori e gettiti fiscali”
Il lavoro nero pesa come un macigno in Europa: sottrae all’economia regolare tra il 15% e il 20% del Pil dell’Ue, qualcosa come circa 2.400 miliardi di euro l’anno. E non sono che stime, come denuncia il commissario europeo per l’Occupazione e gli affari sociali. “Il lavoro non dichiarato è per definizione qualcosa difficile da individuare, e avere un’idea delle dimensioni reali del fenomeno è difficile”, denuncia Laszlo Andor. La Commissione Ue cerca dunque di porre un freno al problema proponendo una piattaforma comunitaria per la lotta al lavoro nero, peraltro una delle sole componenti dell’economia “ombra”, l’insieme dei business illegali quali contraffazione, contrabbando, prostituzione. I contratti di lavoro non dichiarati sono dunque una minima parte di un problema più ampio. Per dare un’idea del problema basti pensare che in Italia il lavoro nero stimato nel 2011 incideva per un importo pari al 6,4% del Pil, mentre l’economia ombra nel suo complesso ha sottratto l’equivalente di oltre un quinto di tutto il Pil nazionale (21,6%).
La Commissione, spiega Andor, propone dunque la creazione di una nuova piattaforma che riunirà tutti gli organismi di contrasto che si occupano della lotta contro il lavoro sommerso, come ad esempio gli ispettorati del lavoro e della sicurezza sociale, le autorità fiscali e quelle preposte alle politiche migratorie nonché altri stakeholder, come ad esempio i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. La proposta prevede che “tutti” gli Stati membri partecipino alla piattaforma poiché il lavoro sommerso “è un problema che li riguarda tutti ed anche perché la partecipazione congiunta di tutti i paesi dell’Ue è essenziale per affrontare le situazioni transfrontaliere”. La piattaforma, sottolinea ancora Andor, “colmerà un vuoto a livello di Ue ove finora il lavoro sommerso è stato trattato in modo sporadico e non coordinato nell’ambito di diversi comitati e gruppi di lavoro”. La piattaforma consentirà una cooperazione più efficace tra coloro che nel quotidiano si trovano ad affrontare il lavoro sommerso sul terreno. Si vogliono mettere in rete e comunicazione gli ispettorati del lavoro (responsabili principali in Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia), ispettorati di sicurezza sociale (Belgio e Spagna) e Autorità tributarie (Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Regno Unito e Svezia).
La nuova piattaforma avrà diversi compiti: costituire una tribuna in cui gli esperti potranno condividere informazioni e pratiche ottimali ampliando così il numero limitato di contatti di cui si disponeva finora, esaminare gli strumenti nazionali e unionali utili per affrontare problemi comuni, affrontare gli aspetti transfrontalieri esaminando il modo per migliorare gli scambi di dati tra le amministrazioni nazionali, permettere lo scambio di migliori pratiche, rafforzare la cooperazione operativa. La proposta di decisione di istituire di una piattaforma europea sarà ora inviata al Parlamento europeo e al Consiglio per adozione. “Il lavoro sommerso priva i lavoratori della protezione sociale e abbassa gli standard lavorativi, pregiudica la concorrenza leale tra le imprese e fa vacillare la sostenibilità delle finanze pubbliche”, lamenta Andor. “Questo è il motivo per cui la Commissione è pienamente impegnata a sostenere gli Stati membri nella lotta contro questa piaga al fine di proteggere i lavoratori, creare condizioni eque per le imprese e salvaguardare i gettiti fiscali”.
Renato Giannetti